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lunedì, ottobre 26, 2009

I piani della scolastica


Io ho smesso di andare a scuola dopo la terza media.
No, no. Non ho mentito nei miei precedenti scritti in questo blog.
Ho veramente frequentato il liceo scientifico e l'ho portato a termine. Ma l'ultimo edificio scolastico in cui ho messo piede da scolaro è stato quello delle medie del mio paese. Bello, a ripensarci ora. Le aule che erano aule, la palestra, anche un bel giardino attorno con una pista d'atletica, solo i 100 m dritti, non l'anello di 400 m, la pedana per il salto in lungo e un campo di pallavolo.
Dopo quell'edificio costruito come scuola per fare la scuola non mi è più capitato di seguire una lezione in un posto che fosse scuola, nel senso edile del termine.
I primi due anni del liceo li ho passati in un palazzo a Cassina de' Pecchi il cui primo piano era stato riadattato, dai due o tre appartamenti ad uso civile che era, a contenere, nei locali più grandi degli spazi che qui, per brevità di scrittura, chiamerò aule, quattro o cinque, e in quelli più piccoli la sala professori e sgabuzzini per un uso che mi rimane sconosciuto.
I bagni erano belli, non avevano lesinato sulle maioliche e c'erano vasca, bidé e doccia oltre alla tazza e al lavandino. Non c'era la palestra, dovevamo trasferirci in un'altra scuola, quella scuola per davvero, nelle ore di ginnastica, ma dei bagni così belli me li sogno ancora.
L'aula in cui ho frequentato il primo anno aveva un simpaticissimo pilastro che, non mi ricordo se per abilità o per caso, fu il mio sostegno. Avere un pilastro al proprio fianco, oltre che ad aumentare la fiducia in sè, aiutava nelle manovre di copiatura durante i compiti in classe. E'stata una guerra di posizione la mia, trincerato dietro quel pilastro sono riuscito ad evitare le bordate dei dettati di francese che, a colpi di accenti gravi, acuti e circonflessi mietevano vittime nelle file degli alunni più esposti al fuoco nemico. Ripagavo con la matematica che , almeno per i primi tre anni non mi ha dato problemi, escludendo i compiti del primo quadrimestre in cui regolarmente confondevo il meno con l'uguale. Quadrati e doppi, tripli prodotti anche a gesti sempre nascosto da quel pilastro.
Negli anni successivi, a Melzo, ho frequentato in una palazzina d'uffici. La palestra era nel seminterrato. I più alti, se non frenavano l'esuberanza giovanile, rischiavano una commozione cerebrale.
Ultimo anno all'oratorio di Melzo. Gli oratori sono costruiti come scuole, la chiesa lo sapeva bene che lo stato non avrebbe costruito tutte le scuole necessarie e si era portata avanti. Non c'era l'otto per mille ma c'erano gli affitti. La mia classe era in soffitta, non so se questo abbia contribuito a far pagare un affitto ridotto.
Bello. Posto piccolo, quasi raccolto e, nelle giornate limpide, si poteva godere di un bel panorama.
Sui laboratori stendo un velo pietoso.

Se mi fossi fermato alla terza media sarebbe stato meglio, ma questa è un'altra storia che con l'edilizia non c'entra niente.

Nella foto la stazione di Cassina de'Pecchi tanto per dare un certo tono a quella cosa scritta sopra.

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