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lunedì, maggio 23, 2016

Milano, periferia est, nord, nord est... insomma... più o meno in alto a destra

Crescenzago, prima di diventare una fermata del metro, era un comune.
Il suo cimitero, da decenni  dismesso, ora è così

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Invece il suo nucleo originario, attorno all'antica chiesa di S. Maria Rossa, è ben tenuto.

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Anche Gorla, prima di essere il nome di un quartiere milanese, era un comune attraversato dal naviglio Martesana.



Tra Gorla e Greco c'è lo smistamento ferroviario. Ettari e ettari di terreno, kilometri di binari, scambi, treni a gogò e binari morti. Probabilmente è vietato entrarci, ma quando mi sono accorto ormai ero dentro...



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Pure Greco, prima di diventare il nome di una piazza che dà questo nome a un quartiere, era una municipalità a sè stante. 
Anche Greco ha un cimitero, tuttora funzionante.
Ha addirittura il Wi-Fi!



(foto del 22/5/2016, pomeriggio)






sabato, maggio 21, 2016

Grigne e Resegone

La Grigna settentrionale con l'ultima neve di primavera.
Foto scattate da Imbersago, anche quella del post sotto (santuario di Madonna del Bosco).


Dio è grande e Obelix è il suo profeta


venerdì, maggio 20, 2016

Rinnovi




Quando ti scade la postepay puoi fare tutto comodamente da casa per telefono e ti spediscono quella nuova (ed è vero, in poco più una settimana è arrivata), poi devi ritelefonare per attivarla.
 
E quando ritelefoni, dopo i premi 1 per... premi 2 per...ecc ecc, ti becchi una giaculatoria infinita che un manuale diritto penale con note a piè di pagina al confronto è una spassosa novella, di cui senti e ricordi solo parole come terrorismo e riciclaggio (e ti metti a fissare la porta di casa in attesa di un'irruzione della DIGOS supportata da FBI e CIA) ma poi parte una musichetta, trallalero trallalà, secondi, minuti, non lo sai perchè ormai ti sei messo a fare altro, poi finisce e uno ti chiede se devi attivare la carta, ma tu non sai se sia un disco e devi premere qualche tasto o una persona e dire sì, schiacci tasti a caso, anche quello del citofono e dici sì sì sì e corri dove hai lasciato le carte, convinto che basti dire o digitare i numeri, ma quello riprende con una litania tratta dalle ultime annate delle Gazzetta Ufficiale a cui devo rispondere ACCONSENTO, SI LO VOGLIO, AVE MARIA E KYRIE ELEISON e poi intima che serve il codice fiscale, e ti metti a ravanare dovunque per trovarlo, lo trovi e glielo devi recitare a voce, così come il numero di telefono, poi il numero della vecchia carta e poi quella nuova, sempre a voce e ti senti quasi al traguardo... ma serve anche la carta d'identità, trovi pure quella e cominci a dettare ma quello t'interrompe quasi subito: "quella che ho io è diversa" "e per forza, quella vecchia è scaduta e l'ho appena rifatta" "e ma il sistema se non è quella vecchia non l'accetta" " e ma io questa ci ho" "e ma deve andare in posta ad aggiornare l'anagrafica" "e ma io l'ho chiesta per telefono proprio per non andare in posta" "e ma il sistema non mi fa andare avanti" "e tanto che vado in posta me l'attivano là?" "e no, poi deve ritelefonare e il sistema aggiornato accetterà la nuova carta e gliela attiviamo". Maledetto sia il sistema ma tu operatore non ci puoi far niente, ti fanculizzo solo sottovoce.
 
Vai in posta, tra una commissione e l'altra e con un po' di febbre, in un orario in cui non c'è quasi nessuno. Abitare non in una grande città almeno questo vantaggio ce l'ha, ogni tanto ci sono gli orari del quasi nessuno.
Poca attesa.
“Bla bla bla sistema bla bla bla postepay terrorismo carta identità telefono bla bla bla aggiornamento anagrafica mi hanno detto...”
"Ma lei ha cambiato indirizzo?"
"No, come le stavo dicendo bla bla bla carta identità scaduta fatta nuova bla bla bla sistema bla bla bla ". Intanto gli pesto in mano la carta d’identita.
"Attenda" Si alza e sparisce dietro una porticina che, credo, porti al backoffice, backstage o retrobottega che sia.
Attendo controllando che abbia con me tutti i documenti che le menti perverse del sistema possano richiedere: codice fiscale, tessera del tram, editto di Rotari, trattato di Campoformio, accordi di Plombières... mi preoccupo quando non riesco a trovare il certificato di morte di me medesimo ma mi risollevo quando mi ricordo che posso autocertificare.
Passa il tempo e non torna più... fiu fiu fiù... cantata a cappella ché in posta le attese non hanno la musichetta, ma questa è una fortuna.
Torna con in mano la carta d’identità e un paio di fogli. Uno è la fotocopia del documento e l’altro (SCONFORTO) è la fotocopia quasi illeggibile di un prestampato con diversi riguadri da compilare. Me lo mette davanti agli occhi, che senza occhiali faticano a decodificare se si tratti di parole e riquadri o una mappa dell’Arizona e del Texas e comincia a parlare muovendo il dito su quella pagina sbiadita.
“Qui scriva codice fiscale, qui vecchio indirizzo, qui quello nuovo”
“Ho un solo indirizzo, mi è scaduta la carta d’identità, mica la casa”
“Ah già... allora scriva qui e qui, codice fiscale, generalità... bla bla bla... poi qui e poi qua... bla bla bla e mi serve anche il numero di telefono”
Alla richiesta del numero di telefono decido di adottare la tattica, che più volte ha funzionato, del sorriso ebete. Anche perchè fare il deficiente per comunicare con un sistema deficiente aumenta le probabilità che ci sia una seppur minima comprensione.
“Un attimo, non me lo ricordo, guardo in rubrica”
Estraggo dalla fondina il telefonino che sembro una miniatura di John Wayne nel Grinta e a braccio completamente disteso, in modo che sia chiaro che la mia minima distanza focale ormai ha superato il metro, tolgo la sicura all’arma; lo tengo quasi sempre spento, si sa mai che parta un colpo accidentale. Aspetto quel minuto eterno che serve alla corrente per passare dalla batteria al microprocessore e alle memorie attraverso gli arteriosclerotici circuiti di quell’antidiluviano aggeggio e poi, secondo per secondo, uno per uno, scorro, lentamente, le voci della rubrica. Quando appare il mio numero sullo schermino grande come la falange del mio pollice ruoto il polso per farlo vedere all’impiegato postale.
“E’ questo”. Sorriso mio, ebete.
Prendo la biro e mentre l’impiegato ticchetteggia sulla tastiera del sistema mi metto a compilare il modulo, un po’ sì e un po’ no, anche se la tentazione di unire e puntini per vedere apparire una simpatica vignetta è forte. Qui un codice fiscale, là un nome e un cognome... la firma dove la metto? Boh! Mettiamola nell’ultimo riquadro in fondo... qui chiede un altro codice fiscale... lascio perdere... nato a... sta bene nel primo riquadro, metto lì.
“Io ho finito” dice l’impiegato.
“Un attimo” sorrido ebete e scrivo la data di nascita un po’ verso destra in alto, che serve a equilibrare il chiaroscuro della composizione e rendo il modulo. Sorrisone ebete.
“Ma non ha messo il codice fiscale”
“Sì che l’ho messo”. Mi arrampico sul bancone per arrivare al modulo e indico, toccandolo, il codice fiscale scritto in un riquadro del pezzo di carta.
“Ma andava scritto anche qui!” Indica un’altra zona della mappa nei dintorni di Dallas.
“AHHH... non lo sapevo”. Sorriso ebete.
“E non ha scritto neanche qui e qui”
“Che cosa, dove?” Sorriso ebetinterrogativo.
Il postale prende la biro e si mette a compilare quello che resta del modulo (internamente ho un sorriso sadico). Un codice fiscale qui, una via lì, un numero là e finalmente timbra (i timbri e i moduli sono come lo yin e lo yang, esistono separatamente ma tendono a fondersi l’un l’altro e l’impiegato è quella forza fondamentale incaricata di permettere che questa fusione avvenga, mantenedo così l’armonia dell’universo).
“Abbiamo finito, adesso può telefonare al call center e gliel’attivano” Così dicendo mi ridà il mio archivio documentale da viaggio: tessere, codici, numeri e telefono.
“Posso chiamare subito, già tutto a posto?”
“Meglio che aspetti un quarto d’ora, per permettere al sistema di comunicare a sè stesso che ha ricevuto quello che si è spedito per aggiornare l’aggiornamento” (???... eppure ha detto una cosa simile).
“Ma chiamo anche domani, ci son voluti un tot di milioni di anni per aggiornare il DNA da scimmia a uomo, che vuol che siano 24 ore... buonasera”.
“Buonasera”.
 
...
 
Oggi, che è il domani di ieri, chiamo il call center dopo 27 ore da quando sono uscito dall’ufficio postale.
tetata tata toto titi... premi 1... premi 2... litania... giaculatoria... rosario (siamo in maggio, non poteva mancare)... ACCONSENTO, SONO CONSAPEVOLE... codice... nemero vecchio, numero nuovo... e poi sento l’operatore in lontananza: “Uhm...premi F3... altra schermata... boh... eppure... non va... grunt... sgrat sgrat”.
“Ma lei ha già chiamato?”
“Sì, ieri l’altro, ma c’era da aggiornare bla bla e ieri sono andato in posta bla bla bla aspettare un quarto d’ora ma ho preferito aspettare di più e sto chiamando adesso”.
“Mi spiace, ma il sistema mi dice che stanno lavorando la pratica... se vuol chiamare più tardi, finché stanno lavorando la pratica il sistema non mi permette di procedere con l’attivazione”.
“Caaapiiitooo...fffffffffffff... chiamerò domani o dopo, ‘sera”. Non fanculizzo nemmeno col pensiero.
 
...
 
Io non so quanto ci metterò a finire, comodamente da casa e per telefono (con un giretto in posta, ma lo fanno per farmi fare esercizio e mantenermi in salute), la procedura d’attivazione di questa postepay. Non ho fretta, mi serve solo per rari acquisti in internet e “contiene” poche decine di euro. Ma mi viene da pensare a cosa significa la spa di posteitaliane spa. Non è società per azioni il vero significato, ne sono sicuro, è molto più probabile che sia:
POSTE ITALIANE, Stiamo Perdendo Anni.


martedì, maggio 17, 2016

venerdì, maggio 13, 2016

Senza titolo (ma con un video)

Viviamo un passato mai nato,
un futuro già morto,
un presente assente.

Il cuore pompa l'amore,
i vampiri bevono il sangue,
la mente non pensa niente.

Troppo ottimismo, gente!
 
 

domenica, maggio 08, 2016

Storia triste triste

- Quando si uccise lasciò solo un biglietto con scritto: 'Dimenticatemi'. -
- E chi era? -
- Boh. -

giovedì, maggio 05, 2016

5 maggio

Nascono Marx e quello dell'angoscia, muoiono Napoleone e Bobby Sands, partono i mille, d'Annunzio sproloquia a Quarto, l'Inter perde uno scudetto che sembrava già vinto... sto scrivendo qui.
5 maggio.

lunedì, maggio 02, 2016

silenzio

Sto zitto per non lamentarmi.
Sì, questa è una lamentela.
STOP