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sabato, ottobre 23, 2010

The Fall - film del 2006


Ci sono film che andrebbero guardati a occhi chiusi.
Per quanto assurdo possa sembrare, la magia che ci trasmettono, indipendentemente dalla storia, dalle immagini e dalla musica, può essere completamente recepita solo in uno stato simile a quello del sogno e, non potendo guardare a occhi chiusi, questi film diventano veri e propri sogni ad occhi aperti.

Questo film si apre con una lunga sequenza in bianco e nero accompagnata dalla musica dell'allegretto della settima sinfonia di Beethoven, che ci accompagnerà per tutto il racconto.
Poi una scritta, "Los Angeles - once upon a time"...

Dai titoli di coda ricavo questa lista:
Sud Africa
India
Bali
Fiji
Italia
Spagna
Praga (Non Repubblica Ceca, proprio solo la sua capitale)
Romania
Cina
Argentina
Cile
Brasile
Turchia
Egitto
Cambogia
Questi sono i luoghi dove è stato girato, a tratti sembra di vedere un documentario sui luoghi patrimonio dell'umanità dell'Unesco, ma della formalità del documentario questo film non ha nulla.

Quello che mi stupisce è che, nonostante qualche breve sequenza sia stata girata in Italia, non si trova in rete nessuna copia in italiano, e questo non è un male perchè permette di apprezzare le diverse pronunce dell'inglese, ma anche nessuna direttamente sottotitolata. Non credo, anche se non sono un esperto per poterlo dire con certezza, che questo film sia mai stato proiettato in sala in Italia.
Si trova nell'originale inglese, in francese e spagnolo, ma in italiano no. C'è un sistema per avere i sottotitoli guardandolo su pc, ma non mi disperdo in dettagli tecnici. Una breve ricerca in rete e saprete come fare.

Sempre nei titoli di coda è espressamente citato il film a cui The Fall si è ispirato.  Un film bulgaro del 1981, YO HO HO.

E' un film a cui la dizione inglese "moving picture" calza a pennello. Ma non solo immagini in movimento. Proprio quadri, opere d'arte in movimento. In alcune sequenze è come essere davanti al giudizio universale e vedere le anime che salgono in paradiso e i corpi che scendono all'inferno. Come essere al cospetto del Mosè e sentirlo parlare...

Le ultime parole di The Fall sono "Thank you very much"...Sentendole mi sono trovato a ripeterle.

lunedì, ottobre 18, 2010

Una favola dei giorni nostri

“…E la principessa, chiusa in quella stanza in cima alla torre più alta del castello, si fece crescere i capelli fino a che non divennero tanto lunghi da poter fare due trecce che arrivavano fino a terra. Aggrappandosi a quelle trecce il principe poté salire fin lassù e ricongiungersi all’amata”.
Il vecchio finì di raccontare la favola e guardò il bambino che, con gli occhi sgranati e le labbra semiaperte, ascoltava attento le sue parole e, cambiando il tono di voce, gli chiese:
“Piaciuta la fiaba”?
Il bambino si scosse a quella domanda e dal mondo delle favole ritornò in quello che gli stava intorno. Corrugò la fronte, distolse lo sguardo dal nonno e lo volse verso terra per un momento, poi ritornò a guardarlo negli occhi e disse:
“Posso chiederti una cosa, nonno”?
“Dì pure, chiedimi quello che vuoi sapere”.
Rispose il nonno, che si era accorto dello sguardo dubbioso del nipotino.
“Ma perché il principe non volò dalla principessa? Aspettare tutto quel tempo per far crescere i capelli quando sarebbe bastato volare da lei…O forse erano in una land in cui non si può volare?  Ma anche se fosse così la principessa avrebbe potuto buttarsi dalla finestra; non si muore mica a lasciarsi cadere”.
Quando ebbe finito di dire queste parole il bambino guardò il vecchio con il viso sorridente, orgoglioso di aver dimostrato la sua arguzia.
Il nonno pensò un attimo e rispose:
“Sì, qui è così come dici. Ma quella che ti ho raccontato è una favola che viene da un altro mondo”.
“Un altro mondo… Di che mondo parli, nonno”?
Domandò il bambino stupefatto.
Il vecchio, dopo un sospiro, riprese a parlare:
“Parlo di un mondo stregato. Qui tutti ne parlano, ma nessuno mai l’ha visto. Un mondo dove gli avatar, che là chiamano persone, possono volare solo adoperando delle macchine. Qui, quel mondo, lo chiamiamo RL, Real Live, vuol dire la vita reale. Alcuni dicono che è abitato dagli Dei che decidono il nostro destino”.
Gli occhi del bambino s’illuminarono e chiese ancora al nonno:
“Tu credi che esista realmente quel mondo abitato dagli Dei”?
Il nonno sorrise:
“Non lo so, non posso saperlo. Ti voglio solo dire che la nostra vita è questa, solo questa, in questo mondo dove, quasi dappertutto, possiamo volare…Ma le favole raccontano anche di mondi, meravigliosi o terribili, diversi da quello in cui viviamo; terre che esistono solo nella nostra fantasia”.

Il telefono sulla scrivania si mise a squillare, con un sussulto l’uomo prese la cornetta senza staccare lo sguardo dal monitor del computer:
“Pronto…Sì…Ma…Adesso?!…Ma così non ho neanche il tempo di fare i bagagli…Ho capito che è già tutto definito, ma poteva avvisare prima…Lo so che è per…Certo…Va bene, non posso fare altro…Ok, mi venga a prendere all’aeroporto allora, buonasera”.
Riattaccò violentemente e, quasi urlando, si rivolse al collega che sedeva alla scrivania di fianco alla sua:
“Ma ti rendi conto! Mi tocca partire adesso per definire il contratto, vuole che sia là per stasera, neanche il tempo di passare da casa per prendere un cambio…Chiamami un taxi per favore mentre chiudo il sistema e prendo le carte”.
Cercando quello che gli serviva continuò a parlare un po’ sconnessamente:
“Se non avessero inventato l’aereo me ne starei qui, calmo e tranquillo, che tutto si poteva fare settimana prossima, ma il cliente ha fretta, e allora via, di corsa, sempre di corsa, tanto c’è l’aereo, fanculo all’aereo e ai fratelli Wright che l’hanno inventato, che se avessero continuato a costruire biciclette…Invece no, oggi qui, domani là, mai un momento di pace, sempre di fretta”.
Prima di spegnere il computer guardò ancora una volta le immagini sul monitor, dove, in una land di Second Life, l’avatar di un vecchio e quello di un bambino se ne stavano seduti, l’uno di fronte all’altro, da più di mezzora senza dirsi nulla; nella chat locale almeno.
Per un momento smise di pensare a quello che doveva fare ed ebbe un moto d’invidia per le persone che manovravano quei due avatar, loro potevano ancora rilassarsi in quel mondo fatato invece di dover correre dietro agli impegni della vita reale.
Guardò ancora una volta il collega, che gli confermò che il taxi stava arrivando, e sospirando disse:
“Ma quanto tempo dobbiamo aspettare perché inventino il teletrasporto anche qui”?
Il collega gli sorrise mentre lui cliccava sul tasto per chiudere il viewer.

“Nonno, hai visto? Il tizio che stava qui vicino a noi senza dire nulla se n’è andato, è sparito”.
Il nonno sorrise:
“Ho visto, è normale qui, ormai dovresti saperlo. E’ un po’ come essere in una stazione o in un aeroporto, avatar che vanno, avatar che vengono. E’ fatta così la nostra vita”.




Potete trovare questo racconto, assieme ad altri interessanti articoli, sull'ultimo numero di EsseElle-Movie Magazine.

lunedì, ottobre 11, 2010

Rammstein - Amerika



Non sostengo che tutti i mali del mondo siano colpa degli americani, non credo all'esistenza del diavolo nel mondo dei sogni, figurarsi nella realtà!
Ma da lì passano ancora la maggior parte dei capitali...Le scelte attuali di politica internazionale, che si riflettono in una miriade di politiche nazionale e locali, passano per quella terra. Anzi, in qualche piccola stanza in quella immensa terra...

giovedì, ottobre 07, 2010

Febbre

Da bambino quando mi arrivava il febbrone, capitava spesso durante le elementari, stavo benissimo, se non fosse stato per il mal di gola e le iniezioni. Vedevo le facce preoccupate di mia madre e dei nonni attorno a me e non capivo il perchè.
Diceva mia nonna che con tutta la febbre che avevo sarei diventato alto come il campanile, in virtù di un detto popolare per cui la febbre faccia crescere di statura. Detto non vero, ne sono la prova vivente. Però non ho la prova contraria; forse senza febbre sarei rimasto più basso.
Adesso, dopo un po' di anni, mi è rivenuto il febbrone, proprio mentre sembrava che il raffreddore avesse finito di darmi fastidio.
Da bambino mi dicevano che quando avevo la febbre facevo solo discorsi seri, discorsi che avrebbe fatto uno più vecchio...Non so...Dicevano così.
Niente aspirina, niente paracetamolo - la febbre deve fare il suo sporco lavoro - fin quando non ci siano ragioni contrarie a consigliarne l'uso, e me ne vo a letto.

venerdì, ottobre 01, 2010

Remigino

Ho fatto in tempo ad esserlo.
Ora questa parola non ha più senso.