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lunedì, maggio 31, 2010

Tutte le volte che ho detto di no

No, adesso non mi va di raccontarle.

n+1

lunedì, maggio 24, 2010

Agosto 2008, un sabato mattina

Me ne stavo andando a far la spesa, in bicicletta lungo l'alzaia, quando lo vidi che stava correndo.
E' uno dei miei pochi amici, ci si conosce da sempre, elementari assieme e poi, più avanti negli anni, alcune vacanze tra cui un bel viaggio in moto fino a Brindisi; la vacanza sarebbe stata poi a Corfù, ma lì mi ruppi le palle mica poco.
Aveva votato anche Democrazia Proletaria, anni e anni fa.
Era quello che aveva insistito un bel po' per andare a vedere il Rocky Horror Picture Show al cinema Mexico in via Savona a Milano.
Era quello che sembrava innamorato del pianeta Transylvania e aveva, passando ad altra musica, una venerazione per Freddie Mercury.

Mi avvicinai per salutarlo con una completa predisposizione d'animo, proprio come quando s'incontra un vecchio amico.
" Ciao"
"Oh, ciao "!
...

"Io ho votato contro Prodi": Dice lui.
"Eh"!?: Esclamo io.
"Ma si dai...Come si fa a presentare gente come Vladimiro Lussuria Ahahah"! Dice con espessione divertita.
"Ma cazzo, hai sempre detto...": Lo guardo stupito.
"Dici per il Berlusca? Chi se ne frega del Berlusca, basta che mi fa guadagnare, bisogna essere realisti".

SILENZIO FUORI ORDINANZA
requiescat in pace

Sul Vladimiro Lussuria mi erano caduti i coglioni. Lo accompagno per qualche centinaia di metri ancora, invento una scusa ed inverto la marcia.
Dovevo ritrovarli.

sabato, maggio 15, 2010

scritto sul momento e senza pensarci

Ho un concetto dell'amicizia talmente blando che chi non tenta di pugnalarmi alle spalle lo considero mio amico.
Sono quasi sempre solo del resto, non hanno tante occasioni di farlo.

C'è una cosa che odio. Sarò io perchè, per una ragione o per l'altra, o per nessuna ragione, mi capita quasi sempre.
Quando ci si trova a parlare e si forma un cerchio di persone io ad un certo punto  mi trovo sempre fuori dal cerchio. E' da decenni che è così.
Ed e' da decenni che ci rimango di merda.

Mi basta un nonnulla  per rovinarmi la giornata.
Cazzo, se capita anche al pc sono proprio del tutto perso!!!

giovedì, maggio 13, 2010

Chi si ferma non sempre è perduto


Continuate pure a seguire, a bramare, quello che vi sventolano davanti, come fa il carrettiere quando fa vedere la carota attaccata ad un bastone all'asino.
Io mi stacco dalla fila.

martedì, maggio 04, 2010

Il compagno barbiere

Il 30 aprile ultimo scorso, e lo scrivo così per non perdere l'allenamento con il burocratese, è stato l'ultimo giorno di lavoro per il compagno barbiere. Che abbia scelto proprio la vigilia del primo maggio per terminare la sua attività non credo sia stato un caso.

Non è stato il primo che mi ha messo le mani in testa. I primi tagli di capelli me li fece un altro - i miei mi raccontavano che la prima volta feci uscire le donne di casa per le urla che tiravo - ma questo chiuse presto e, fin già dalle elementari mi portarono da lui. Ci andavo con mio nonno, in quel negozietto lavorava ancora suo padre, che tagliava i capelli al nonno mentre lui li tagliava a me.

Fin che c'era suo padre, per tutto il periodo delle medie e anche qualche anno del liceo, fra i vari giornali che erano a disposizione dei clienti in attesa figurava anche Playboy. Ogni tanto, verso l'età dell'adolescenza, suo padre si avvicinava a me e con un sorriso complice e una smorfia d'incoraggiamento mi pestava in mano questa pubblicazione. Io sorridevo e la sfogliavo soffermandomi sugli articoli più interessanti, mostrando un distaccato interesse per le fotografie, non aprivo neanche il paginone centrale.
No, è che per vie traverse quella rivista la conoscevo di mio. Avevo dei parenti che lavoravano in Rizzoli e che mi rifornivano di intere borse piene di pubblicazioni di quella casa editrice. Tra le quintalate di fumetti, di Domenica del Corriere e prove di stampa di pubblicazioni varie non era raro trovare copie di Playboy sfuggite alle censura parentale che nascondevo in un posto sicuro, dove avrei potuto, in seguito e con tutta calma, studiarmele attentamente.
Apprezzavo molto il gesto del padre del compagno barbiere, ma sfumato l'effetto sorpresa, tutto si riduceva alla pantomima di mostrare un contenuto imbarazzo, neanche tanto finto.

Finito il liceo ormai c'era solo lui che lavorava in quel negozietto sulla via centrale  del paese che si stava sempre più ingrandendo.
Un giorno mi chiese che facoltà avessi scelto:
"Faccio ingegneria"
Lui fece una smorfia ed esclamò:
"Ah, un prete civile"!
"Eh, un prete cosa"?
E mi parlò del fatto che, con tutto quello che avrei avuto da studiare, io le ragazze per un bel po' d'anni le avrei viste col cannocchiale, se avessi voluto riuscire.
Subentrarono altre cose, peggiori, solo peggiori per me, ma ora lo devo dire. Cazzo, quanto aveva ragione!

Tentò più e più volte di coinvolgermi in politica, cosa che ho sempre seguito ma che non ho mai fatto da militante, ma io avevo interessi orientati da un'altra parte. Mi chiamava prima delle elezioni per chiedermi se volevo fare il rappresentante di lista o lo scrutatore, ho sempre declinato. O per un esame imminente - a quei tempi c'era sempre un esame imminente - o per semplice mancanza di voglia trovavo sempre una scusa per non impegnarmi.
Per invogliarmi arrivò a chiedermi di far ripartire il foglio di Partito del paese, che avevano già le macchine tipografiche ma non c'era nessuno che scriveva. L'idea di essere in un seminterrato a stampare mi piaceva, ma, dovete sapere, che la sezione del Partito del mio paese era quanto di più triste si potesse immaginare. Nelle sere d'estate, passata l'epoca delle feste dei partiti, suonava una fisarmonica motivi al cui confronto Die Partei Hat Immer Recht è un inno alla felicità. E i giovani scappavano. Rifiutai dopo averci pensato qualche giorno.

Nei tempi tra il crollo del muro e quelli della fine dell'Unione Sovietica cominciò ad incattivirsi. Buona parte delle sue, ma non solo le sue, idee e aspettative venivano calpestate da degli eventi impensabili fino a solo pochi anni prima.
Liquidò Gorbachov come uno che si era messo contro il Partito.
Quando anche il PCI si sciolse come neve al sole cominciò a chiamare Occhetto l'ochetta. Lì finì la sua militanza ma rimase comunque, il suo negozio di barbiere, un punto di riferimento per chi si interessava di politica in questo paese che si avviava a chiamarsi città.

Nel periodo dell'11 settembre, quando gli americani dicevano, non era ancora pubblica la decisione della guerra, di andare in guerra in Afghanistan, parlavamo del poco senso di questa mossa, poco senso ancor più militare che politico. Cosa andavano a fare? A bombardare le montagne? Mi chiedevo.
Lui disse solo :" Gli Americani danno fuoco anche ai sassi".
Infatti andarono in Afghanistan.

La mattina del 30 aprile ultimo scorso, apro il settimanale del paese che ormai si chiama città e leggo che è l'ultimo giorno di attività del barbiere dei politici, così c'era scritto.
Ho preso la bicicletta e, per l'ultima volta, mi sono recato dal compagno barbiere a farmi tagliare i capelli.
Tra gente che entrava a salutarlo, un brindisi, interruzioni e chiacchiere ci ho passato tutta la mattina in quel negozio sulla strada che sale verso il ponte del naviglio. Ho guardato e riguardato quelle poltrone, le forbici, il quadro bruttissimo e le belle stampe di volatili sulla parete opposta a quella degli specchi.
Quando mi sono alzato dalla poltrona, una stretta di mano.
Uscendo ho sentito che un'altra epoca è finita. Non la caduta di un impero o l'inizio di una guerra. Un'epoca di quelle che ci si porta dentro, quell'insieme di ricordi che fanno parte di noi.

Ciao compagno barbiere.