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lunedì, ottobre 18, 2010

Una favola dei giorni nostri

“…E la principessa, chiusa in quella stanza in cima alla torre più alta del castello, si fece crescere i capelli fino a che non divennero tanto lunghi da poter fare due trecce che arrivavano fino a terra. Aggrappandosi a quelle trecce il principe poté salire fin lassù e ricongiungersi all’amata”.
Il vecchio finì di raccontare la favola e guardò il bambino che, con gli occhi sgranati e le labbra semiaperte, ascoltava attento le sue parole e, cambiando il tono di voce, gli chiese:
“Piaciuta la fiaba”?
Il bambino si scosse a quella domanda e dal mondo delle favole ritornò in quello che gli stava intorno. Corrugò la fronte, distolse lo sguardo dal nonno e lo volse verso terra per un momento, poi ritornò a guardarlo negli occhi e disse:
“Posso chiederti una cosa, nonno”?
“Dì pure, chiedimi quello che vuoi sapere”.
Rispose il nonno, che si era accorto dello sguardo dubbioso del nipotino.
“Ma perché il principe non volò dalla principessa? Aspettare tutto quel tempo per far crescere i capelli quando sarebbe bastato volare da lei…O forse erano in una land in cui non si può volare?  Ma anche se fosse così la principessa avrebbe potuto buttarsi dalla finestra; non si muore mica a lasciarsi cadere”.
Quando ebbe finito di dire queste parole il bambino guardò il vecchio con il viso sorridente, orgoglioso di aver dimostrato la sua arguzia.
Il nonno pensò un attimo e rispose:
“Sì, qui è così come dici. Ma quella che ti ho raccontato è una favola che viene da un altro mondo”.
“Un altro mondo… Di che mondo parli, nonno”?
Domandò il bambino stupefatto.
Il vecchio, dopo un sospiro, riprese a parlare:
“Parlo di un mondo stregato. Qui tutti ne parlano, ma nessuno mai l’ha visto. Un mondo dove gli avatar, che là chiamano persone, possono volare solo adoperando delle macchine. Qui, quel mondo, lo chiamiamo RL, Real Live, vuol dire la vita reale. Alcuni dicono che è abitato dagli Dei che decidono il nostro destino”.
Gli occhi del bambino s’illuminarono e chiese ancora al nonno:
“Tu credi che esista realmente quel mondo abitato dagli Dei”?
Il nonno sorrise:
“Non lo so, non posso saperlo. Ti voglio solo dire che la nostra vita è questa, solo questa, in questo mondo dove, quasi dappertutto, possiamo volare…Ma le favole raccontano anche di mondi, meravigliosi o terribili, diversi da quello in cui viviamo; terre che esistono solo nella nostra fantasia”.

Il telefono sulla scrivania si mise a squillare, con un sussulto l’uomo prese la cornetta senza staccare lo sguardo dal monitor del computer:
“Pronto…Sì…Ma…Adesso?!…Ma così non ho neanche il tempo di fare i bagagli…Ho capito che è già tutto definito, ma poteva avvisare prima…Lo so che è per…Certo…Va bene, non posso fare altro…Ok, mi venga a prendere all’aeroporto allora, buonasera”.
Riattaccò violentemente e, quasi urlando, si rivolse al collega che sedeva alla scrivania di fianco alla sua:
“Ma ti rendi conto! Mi tocca partire adesso per definire il contratto, vuole che sia là per stasera, neanche il tempo di passare da casa per prendere un cambio…Chiamami un taxi per favore mentre chiudo il sistema e prendo le carte”.
Cercando quello che gli serviva continuò a parlare un po’ sconnessamente:
“Se non avessero inventato l’aereo me ne starei qui, calmo e tranquillo, che tutto si poteva fare settimana prossima, ma il cliente ha fretta, e allora via, di corsa, sempre di corsa, tanto c’è l’aereo, fanculo all’aereo e ai fratelli Wright che l’hanno inventato, che se avessero continuato a costruire biciclette…Invece no, oggi qui, domani là, mai un momento di pace, sempre di fretta”.
Prima di spegnere il computer guardò ancora una volta le immagini sul monitor, dove, in una land di Second Life, l’avatar di un vecchio e quello di un bambino se ne stavano seduti, l’uno di fronte all’altro, da più di mezzora senza dirsi nulla; nella chat locale almeno.
Per un momento smise di pensare a quello che doveva fare ed ebbe un moto d’invidia per le persone che manovravano quei due avatar, loro potevano ancora rilassarsi in quel mondo fatato invece di dover correre dietro agli impegni della vita reale.
Guardò ancora una volta il collega, che gli confermò che il taxi stava arrivando, e sospirando disse:
“Ma quanto tempo dobbiamo aspettare perché inventino il teletrasporto anche qui”?
Il collega gli sorrise mentre lui cliccava sul tasto per chiudere il viewer.

“Nonno, hai visto? Il tizio che stava qui vicino a noi senza dire nulla se n’è andato, è sparito”.
Il nonno sorrise:
“Ho visto, è normale qui, ormai dovresti saperlo. E’ un po’ come essere in una stazione o in un aeroporto, avatar che vanno, avatar che vengono. E’ fatta così la nostra vita”.




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