..................................................................................................

_________________________________________________________________










venerdì, settembre 18, 2009

Don Manager


Non ho frequentato molti preti durante la mia vita e tutti solo quando era necessario per passare di grado nella crescita sociale. Dunque solo dal battesimo alla cresima. Dovrei anche ricordare quelli dell'ora di religione che ho frequentato fin quando ho compiuto i 18 anni, ma di questi non ricordo poi molto, tranne uno, ai primi anni del liceo,  che ci diceva che i russi sono cattivi, che se non parli perfettamente russo non ti rispondono come gli era capitato quando era andato a Mosca, e che sosteneva l'inevitabilità dell'accumulo delle ricchezze nelle mani di pochi, vantandosi di possedere un macchinone color "blu consolare". La classe, tutta la classe, dai ciellini agli extraparlamentari di sinistra, lo guardava sconsolata quando aveva di queste uscite. Ebbe il suo momento di gloria quando fu citato in giudizio da un suo parrocchiano che non voleva essere disturbato dal suono delle campane e si vide, con tanto di fotografia, sui giornali. Sia in tribunale che in chiesa si celebrano riti. Io credo, però, che il primo fosse un luogo a lui più confacente, non necessariamente come imputato, anche avvocato o magistrato sarebbe andato bene. Il destino volle che lo incontrassi prete e che contribuisse al mio distacco dalla comunità cattolica.


Dei pochi preti che ho conosciuto solo uno però rimane ben stampato nella mia memoria. Era il don dell'oratorio maschile, una figura interessante.
Questi del prete aveva solo l'abito, era certamente ordinato sacerdote, quello sì, ma, ora ho la parola giusta per definirlo, non era un ministro della chiesa ma un manager. Ed anche un bravo manager!
Del manager aveva tutte le qualità. L'oratorio l'aveva organizzato come un'azienda. Una struttura piramidale con lui al vertice e varie divisioni decisionali ed amministrative. Poi, scendendo alla base della  gerarchia, venivamo noi  ragazzi, organizzati in gruppi come i reparti di una fabbrica.
La promozione a livelli di responsabilità maggiore era sempre curata da don Manager che cercava "teste" per mantenere alta la qualità della sua struttura. Teneva talmente tanto al suo oratorio che aveva sostituito il "lasciate che i bambini vengano a me" con "basta una mela marcia per far marcire tutto il cesto". Tante volte l'ho ascoltato mentre parlava dei ragazzi ormai persi e che fosse meglio che se ne stessero lontani dall'oratorio per non rovinare anche noi. Per spaventarci ci diceva che questi quasi criminali, secondo lui, che stavano in strada invece di stare all'oratorio, facevano il bagno tutti i giorni. "Il bagno tutti i giorni, ripugnante"! Noi eletti pensammo.
Sapeva rendersi interessante. Ci insegnava i metodi per cavarci d'impaccio durante le interrogazioni a scuola. "Ragazzi, non fate mai scena muta. Anche se non vi ricordate niente attaccatevi alla prima cosa che abbia qualche attinenza con la domanda del professore e parlate, parlate".  Don Manager spiegava.
Non ci stava a perdere e, durante le partite di calcio, la squadra in cui lui giocava vinceva sempre grazie alle gigantesche scorrettezze di don Manager.
La voglia di primeggiare, il saper rendersi interessante, saper organizzare sono tutte qualità del manager.
Era anche contento della sua posizione e non credo che ambisse a diventare amministratore delegato. Non credo che provasse invidia per il vescovo o per il papa. Lui voleva veder crescere la sua azienda e poterci mettere le mani quando qualcosa non andava. Il vescovo ed il papa erano posizioni troppo distanti, quasi troppo teoriche, dal suo campo d'azione preferito, l'organizzazione sul campo.

Ma più delle sue indubbie capacità organizzative aveva la principale e fondamentale qualità del manager. 
Sapeva raccontare le barzellette.


Dopo la cresima me lo ritrovai come insegnante di religione alle medie, non c'era lezione in cui non raccontasse qualche barzelletta.
Me ne ricordo solo due.
La prima è una barzelletta di un'atmosfera triste, non particolarmente adatta ad un pubblico di scolari delle medie,  forse è per questo che me la ricordo ancora.


Sulle opposte rive di un fiordo in Norvegia vivevano un Pino ed una Abete.
Lui guardava lei, lei guardava lui ma erano separati dal mare, potevano solo parlarsi.
Chiacchiera un giorno, chiacchiera un altro, Pino ed Abete s'innamorarono l'uno dell'altra.
"Come vorrei essere con te, Pino".
"Anche io Abete. Forse un giorno questo fiordo si chiuderà e saremo finalmente vicini".
Andò avanti così per anni, i due innamorati distanti si scambiavano tenere parole d'amore, finché, in un tremendo e freddissimo inverno una tempesta ruppe il tronco di Abete che si ritrovò così senza la sua folta  e bellissima cima.
Per tutto il resto dell'inverno i due non si parlarono. 
Arrivata la primavera Abete cominciò, preoccupata, a chiamare Pino, ma lui non rispondeva. Andò avanti così per tutta la primavera e l'estate. Abete era sempre più preoccupata.
Verso l'autunno Abete ancora chiamava piangendo sempre più disperatamente Pino:
"Pino, Pino, perchè non rispondi? Che ti sarà mai successo? Pino, rispondi Pino"!
Finalmente Pino rispose:
"Come si permette tutta questa confidenza, io mi chiamo Giuseppe".

La seconda la raccontai alla sera, durante la cena, a mio padre.
"Papà, ti racconto una barzelletta che il don ci ha raccontato oggi".
"Racconta". Disse mio padre alzando appena gli occhi dal piatto di minestra.


"C'è una signora che ha un pappagallo e che vive a Sesto San Giovanni vicino alle fabbriche.
Un giorno sparano a Togliatti..."

"Sì, e successo nel  '48". Precisò mio padre.
"Lo so, ma fammi raccontare la barzelletta". Mentii, non la sapevo la data.
"Va bene, va avanti".


"Dunque...sparano a Togliatti e sulle prime tutti credono che è morto...".


"Si dice: che sia morto". Puntualizzò mio padre.
"Sì, va bene, ma il congiuntivo l'ho appena fatto, eppoi me la fai finire 'sta barzelletta"?
"Continua...". Lui continuò a mangiare mentre mi ascoltava.


"Credono che sia morto e allora tutti gli operai delle fabbriche fanno sciopero e, in corteo, passano sotto la finestra aperta della signora dove sta il pappagallo.
Per tutto il giorno il pappagallo sente ripetere le parole che gli operai gridano mentre passano davanti a lui:
-Togliatti è morto-!
-Togliatti è morto-!
-Togliatti è morto-!
E così va avanti fino a sera.
Poi arriva la notizia che Togliatti non è morto ma che è stato ferito. E' in ospedale ma è ancora vivo.
Il giorno dopo gli operai che vanno al lavoro passando sotto la finestra dove c'è il pappagallo lo sentono dire:
-Togliatti è morto-
Si fermano e dicono al pappagallo:
-No, non è morto-.
Ma il pappagallo va avanti a ripetere quelle parole.
E questo succede per un po' di giorni. Il pappagallo continua a ripetere:
-Togliatti è morto-.
E gli operai che si fermano sempre più numerosi e arrabbiati sotto la finestra gli dicono:
-Sta zitto pappagallaccio, Togliatti non è morto, brutto pappagallo capitalista sta zitto o ti ammazziamo-
La signora dopo un po' di giorni sente questo vociare e s'affaccia alla finestra ed è sorpresa a vedere una folla di operai arrabbiati sotto la sua finestra.
Un operaio la vede e le dice:
-Signora, ti diamo una settimana di tempo e se non fai smettere al tuo pappagallo di dire - Togliatti è morto- veniamo su e l'ammazziamo.
- Ma no- dice la signora - è solo un pappagallo ed io ci sono affezionata-.
- Una settimana, o smette o è morto-. E se ne vanno a lavorare.
La signora è disperata perchè è tanto tempo che ha il pappagallo e gli vuole bene. Allora chiama il parroco per spiegargli cosa è successo.
Arriva il prevosto e la signora gli spiega tutto.
Dopo averla ascoltata il prete le dice - Non preoccuparti, lo prendo io il pappagallo e lo porto in posto dove gli faremo scordare quelle parole. Abbi fede figliola -.
Prende il pappagallo e se ne va.
Durante tutta la settimana gli operai passano ma vedono che non c'è il pappagallo allora vanno a lavorare senza dire niente.
Passata la settimana il prevosto torna con il pappagallo e spiega alla signora che è tutto a posto e di fidarsi di lui.
Quando passano di nuovo gli operai, la mattina dopo, vedono che il pappagallo è tornato e si radunano sotto la finestra - Dai, brutto pappagallo, dillo che Togliatti è morto così ti facciamo la pelle -. Ma il pappagallo sta zitto.
Gli operai insistono - E parla, dillo, Togliatti è morto, Togliatti è morto, Togliatti è morto...-.
il pappagallo allora parla e dice - Sia lodato Gesù Cristo -".

A questo punto sono con un sorriso, orgoglioso di come l'ho racconta questa barzelletta, ad aspettare la risata di mio padre. Lui alza lo sguardo dal piatto e, assolutamente inespressivo, mi guarda per un attimo prima di dire a mezzavoce:
"Ah".
Come se nulla fosse riprese a mangiare.





4 commenti:

mod ha detto...

lo sapevo che eri uno che non si lasciava prendere!
:)

Gio ha detto...

Ehy Marco, ho ritrovato la mia vecchia grammatica di Russo, mi è venuta voglia di darmi al cirillico ;-)
Me lo tengo sul comodino per un po' di tempo.
Ciao!

marco ha detto...

@ mod

Non che ci sia mai stata la fila di gente che volesse prendermi...almeno, non me ne sono mai accorto. :-)

@ Gio

Io ho un conto aperto col latino, quando ho fatto la maturità ho preso letteralmente a calci il vocabolario. Una liberazione!
Ho scaricato un corso di russo e provo a seguire il percorso naturale d'apprendimento, ascolto e ripeto.
Finché non avrò un vocabolario elementare non voglio guardare una lettera, anche se l'alfabeto è l'unica cosa che conosco del russo.
Se poi mi scontrerò con i casi...me ne farò una ragione.
La parte divertente è che il corso è in inglese-russo. E il mio inglese è più che approssimativo. Mal che vada migliorerò un po' l'inglese.

Ciao.

Gio ha detto...

Il latino mi appassiona, ma ahime, anche io ho scaraventato il dizionario fuori dalla finestra alla fine del liceo e ora non ricordo che brevi proverbi da settimana enigmistica.
Mod, un mio amico mi ha dato un consiglio per l'insonnia che mi tormenta: un audiocorso di tedesco ;-)
Che dici, provo? :D