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sabato, novembre 09, 2013

Una foto e alcune considerazioni sparse - "Falling Angel in S.Marco square".



Io sono uno di quelli che quando guarda un quadro, nel momento stesso in cui pensa che dovrebbe fare un passo indietro per poter apprezzare l'insieme dell'opera, sta facendo un passo avanti per vedere meglio com'è stato costruito un particolare, com'è stata data una pennellata o, addirittura, com'è stato dato il fondo sulla tela, senza avere una particolare conoscenza tecnica per poter giudicare, né tantomeno criticare, l'operato dell'artista.
Anche quando guardo un panorama finisce che mi soffermo su un particolare invece che perdermi nella contemplazione estatica dello spazio. Ma elaborando quel particolare, qualche volta, riesco ad osservare un  panorama diverso.

Lo shibari, o il kinbaku, è una tecnica, un'arte, una pratica, non saprei bene come definirla senza seguire un cliché o una definizione precotta di cui preferisco fare a meno. Per far questo non è difficile fare qualche ricerca in internet e si trova tutto il necessario.
E', in soldoni, l'arte del legare, l'evoluzione di una tecnica militare giapponese. Chiamarla arte marziale, da ex karateka (sono arrivato solo alla cintura blu, mi sono fatto male alla caviglia pochi giorni prima dell'esame per la marrone praticando uno sport stupido, pericoloso e violento, il calcio, e ho smesso) lo trovo eccessivo.
E' molto conosciuta tra gli appassionati del bondage, che per l'appunto si occupano di immobilizzare senza per questo limitarsi alle corde, e dunque trova la sua attuale e più ampia collocazione nelle varie comunità bdsm.
Un passo avanti nella scala di difficoltà d'esecuzione dello shibari è la sospensione. Il soggetto che subisce la legatura viene appeso, con il criterio di non procurargli danni di nessun genere, nonostante non si possa annullare il rischio che questo accada.

Io non sono un appassionato dello shibari, per di più non l'ho mai visto eseguire dal vero, dunque mi fermo con le spiegazioni sperando di aver dato un'idea corretta, seppur grossolana, di cosa significhi questa parola e passo a considerazioni che sono del tutto personali.

Nei siti bdsm che frequento, uno grigio in particolare, è facile trovare centinaia di fotografie di modelle, o semplicemente ragazze, legate in una maniera più o meno armoniosa.
Alcune foto le trovo molto belle, altre solo di maniera, un'esibizione di bravura in cui non si vede nient'altro che la tecnica, sia del legare che del fotografare, altre ancora tanto brutte, seppure con legature complicatissime, da rendere più attraente e anche erotica una sedia in paglia di Vienna.

Poi capita d'imbattersi nella foto che ti colpisce al primo sguardo.
E la guardi e la riguardi perchè non capisci come mai ti piaccia tanto.
E' questa foto qui sotto.



E' stata scattata da un fotografo professionista, il padovano Alberto Lisi, in arte Hikari Kesho. La mania degli adepti di shibari di darsi nomi giapponesi la trovo stucchevole, ma tant'è. E' un gruppo chiuso all'interno di un gruppo blindato, com'è quello di chi pratica bdsm, e hanno sviluppato un loro gergo infarcito di termini giapponesi.
Qualcuno, come questo fotografo, ogni tanto esce dall'ombra. Non avrebbe motivo di non farlo, tutto si può dire di questo genere di foto tranne che siano perverse o offensive di non so quale moralità, ma il mondo è pieno di gente strana e non si può mai sapere. Il bacchettone difensore di non saprei quale ordine costituito si nasconde sempre dietro un angolo pronto a punire la bellezza che non sa, o non può, cogliere.
La modella, si riesce a sapere solo il nome d'arte, si chiama Kristel. Il fatto che non sia un nome giapponese la rende anche simpatica oltre che bella.
La foto mi è piaciuta dal primo momento che l'ho vista, poi la mia mente analitica si è messa in moto:
"Piazza San Marco con una modella nuda... ci deve essere tanto, ma tanto di photoshop che magari ingrandendola ci si rende conto che è un fotomontaggio. Un bel fotomontaggio ma pur sempre un fotomontaggio come se ne trovano tanti in rete."
Sul sito dell'artista c'è il filmato che inserisco qui sotto, me ne sono accorto da pochi giorni della sua esistenza, che fuga il mio dubbio.
E' uno scatto singolo e non due abilmente sovrapposti.

"Falling Angel in S.Marco square" from Hikari Kesho on Vimeo.

Si potrebbe pensare che ogni foto con una bella ragazza in uno dei più bei scenari del mondo, anche se non tecnicamente perfetta, magari pure un po' mossa e con le luci messe a caso, sia una bella foto.
In parte credo che sia vero, ma qui c'è di più.

Il campo visivo tanto ampio da riuscire a far apprezzare sia lo sfondo che il soggetto, senza privilegiare né l'uno né l'altro e rinunciando all'ossessione di far vedere quanto sono stati fatti bene i nodi e simmetricamente tirate le corde.
La cura nei colori. Corda, capelli, labbra e anche le unghie sono dello stesso rosso.
La bravura della modella (c'è tanto di suo nella posa) nel tenere una posizione plastica e nello stesso tempo lasciarsi andare alla gravità.
Una preparazione da studio per uno scatto all'aperto in condizioni tutt'altro che ideali.
Mettiamoci anche il piacere di sapere che è "una foto rubata". Scattata senza permessi e a rischio di denuncia. Il sapere questo, oltre alla sorpesa estetica che ho provato il primo momento, mi fa anche pensare che questa foto racconti una storia.

Un'ultima cosa per spiegare a me stesso perchè quest'opera mi piace tanto. Potrebbe sembrare una battutaccia ma, se letta nella dovuta maniera, è un gran complimento.
Questa foto riesce a far diventare eccezionale il più banale degli stereotipi del fotografo della domenica, l'archetipo del presupposto artistico del turista fotografo compulsivo: la foto del lampione.

Sicuro che ognuno continuerà a vedere quello che riesce e vuole vedere, stufo di chi mi vuole convincere che il sorriso della Gioconda sia misterioso, quando io lo trovo solo inespressivo, così ho scritto.


I link ai siti dell'artista:
http://www.albertolisi.com/about.php
http://www.hikarikesho.com/

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