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domenica, febbraio 25, 2018

Chiamale se vuoi

Nel primo pomeriggio suona il campanello di casa.
È un mio amico, tra i più stretti, e anche compagno di scuola al liceo.
Apro e mentre sale le scale mi dice:
"Ciao, oh, ambasciator non porta pena"
Lo guardo strano e tra me e me mi chiedo che ambasciata possa portarmi.
In breve mi dice che gli ex compagni di classe - quella in cui mi pugnalarono alle spalle non ammettendomi alla maturità - vogliono ritrovarsi.
Mi fa vedere i messaggi che si sono scambiati allo smartphone, una chat di gruppo, che io non possedendo l'aggeggio non potrei vedere, e una foto di gruppo lì condivisa, di cui non conservo nessuna memoria sulla quale, oltre a me defilato e dimezzato noto subito, in prima fila, la bestia.
Con un gesto schifato gli restituisco il telefonino e giro la testa dall'altra parte.
Cerco di rimanere razionale, pur declinado l'invito, dicendo che non avrei nessun piacere, anzi, il contrario, a incontrare quella classe, pur non avendo niente in particolare contro nessuno dei miei ex compagni presi singolarmente.
Cerco di rimanere razionale, ma il vedere la foto della bestia dopo più di 30 anni fa si che la razionalità mi abbandoni e le ghiandole prendano sopravvento.
Devo aver tirato anche qualche bestemmia.
Non so quante volte ho detto che agisco egoisticamente, che non mi devono nulla.
Devo avergli riraccontato, dopo che nei primi momenti continuavo a ripetermi mentalmente di cambiar discorso, di parlare d'altro, ma la testa e la pancia sempre lì tornava, di tutti quegli anni in cui mi sentivo un deficiente.
Mi ricordo solo che ho finito dicendo che in quella classe al liceo loro hanno vissuto una fine, una delle tante, un rito di passaggio, ma per me è stata la fine.
Credevo che dopo l'esperienza universitaria in età adulta avanzata di essermi messo in pace, perchè mi ero dimostrato nell'unica maniera possibile, cioè facendoli, che se non riuscivo a passare esami al tempo giusto non era perchè fossi diventato improvvisamente deficiente, ma perchè c'era altro.
Invece è bastata una foto in cui si vedeva la bestia e sono ancora preda di un'unica emozione: odio odio odio odio odio odio
Anche adesso mentre sto scrivendo, ore dopo averla vista.


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