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lunedì, dicembre 21, 2009

chiuso

non riesco ad aprire la porta se non sono più che armato.

meglio fermarsi. per un po' almeno.

saluti

mercoledì, dicembre 16, 2009

Politica ed economia nell'Italia del secondo dopoguerra


La cosa fu regolata fra donne.
L'impiegato qualche cazzata l'aveva fatta, non so dire esattamente quale, forse uno storno di fondi aziendali, forse qualche altra cosa non così grave da procurargli una denuncia. Oppure la denuncia non era conveniente per l'azienda perchè un'indagine di quel tipo avrebbe portato troppa attenzione sul bilancio. Non sia mai che, anche per sola sfortuna, la guardia di finanza venga attratta a leggere quello che di più sacro, e falso, un'azienda gelosamente custodisce; il bilancio e la sua ombra in nero.
Meglio che tutto sia messo a tacere. L'impiegato infedele conserva il posto ma dice addio alle possibilità di carriera, quella immediata almeno, e l'azienda non corre il rischio di avere attorno occhi troppo curiosi.
La moglie dell'impiegato è cattolica praticante, membro della confraternita del Santissimo Sacramento, ma ha anche una testa e, fin dalle prime elezioni che si tennero dopo la guerra, vota Partito Comunista. E' convinta che i suoi interessi siano meglio difesi da quel partito e non ci è dato sapere come si comportò quando il Papa di quel periodo allontanò i comunisti dalla chiesa. Possiamo solo immaginare che, essendo una donna pratica che aveva vissuto una vita dura, di quei discorsi tra persone colte che immaginavano crisi di coscienza tra i credenti che si sentivano attratti da quei senza Dio dei comunisti non importava nulla. Era credente e andava in chiesa.Nel segreto della cabina elettorale votava come come meglio pensava di fare, preti o non preti, Papa o non Papa, e che Dio guardi pure, non stava facendo del male e, come mi diceva spesso, si deve aver vergogna solo a far del male.
La moglie dell'impiegato volle partecipare al tentativo di fondazione di una sezione dell'UDI, Unione Donne Italiane, nel suo bigotto paese.
L'UDI in quel paese che si sta avviando ad essere un feudo democristiano?
No, no, no.
Questo ai notabili del paese proprio non piace.
La moglie del padrone chiama la moglie dell'impiegato a casa sua. Un invito non un mandato di comparizione. Un gentile invito a bere un caffè e fare quattro chiacchiere.
Prego, si accomodi.
No, la casa non gliela fa vedere, va bene la cortesia ma la distanza sociale impone pur sempre una certa riservatezza.
Ha visto che tempo, fa caldo d'estate e freddo d'inverno.
I suoi figli, due, vero?
Intelligente il maschio, mi dicono voglia fare l'università.
La figlia è ancora una bambina, vero?
Ma, mi dica, come mai lei che la vedo sempre in chiesa, vuole partecipare a quella organizzazione?
UDI, vero?
Ma lo sa che è una cosa fatta dai comunisti?
Non vorranno mica sfasciare le famiglie, le donne da una parte contro gli uomini.
La famiglia è importante, lo sa?
Sta alla base del nostro modo di vivere.
Suo figlio vuole andare all'università?
Eh!
L'università costa.
Ha anche una bambina da crescere.
Suo marito poi, lo sappiamo entrambi, lavora ancora solo per il nostro buon cuore.
La moglie dell'impiegato si guardò attorno e vide di essere chiusa nell'angolo del ring.
I figli, la scuola, il marito, i soldi...
Ingoiò il fiele, continuò ad andare in chiesa e a votare comunista ma non si iscrisse ad organizzazioni vicine al Partito.
Non era l'unica donna, la moglie dell'impiegato, e non la sola che aveva quelle simpatie politiche in quel paese ma, fatto sta, una sezione dell'UDI in quel paese non attecchì.
Il naviglio continua a scorrere, lentamente, come il pensiero di coloro che hanno avuto la sorte di nascere in quel bigotto paese.
Me compreso.

Thälmann Kolonne

Io la rete ho cominciato ad utilizzarla alla fine degli anni '90.
In quel periodo avevo una mezza ossessione per la guerra civile spagnola.
C'era napster a quei tempi, ci misi un mesetto a convincermi che non era una fregatura, diffido sempre di chi mi vuol dare qualcosa gratis.
Quando vidi quanta roba si trovava cercai di soddisfare un po' di mie curiosità storico musicali.

Siccome dei tedeschi alla guerra di Spagna si ricorda solo il corpo di spedizione nazista, la condor legion, metto qua l'inno di uno dei battaglioni di tedeschi che fecero parte delle brigate internazionali. Il battaglione Thälmann.

Davide Van De Sfroos - - Pulenta e galena fregia

domenica, dicembre 13, 2009

Souvenir del duomo



i ricordi volano...

sabato, dicembre 12, 2009

Le Katana Sabre de samurai



Nato nel fuoco ha la bellezza dell'acciaio, è tanto un'arma quanto un'opera d'arte.

giovedì, dicembre 10, 2009

Dal più sfigato dei luoghi manzoniani

Io sono nato e tuttora vivo nel più sfigato dei luoghi manzoniani.
Sta peggiorando.

sabato, dicembre 05, 2009

calcio


L'immagine che ho da bambino del calcio, il football o il folbar come si dice qui, è quella di omini grigi che corrono in un campo grigio dietro il vapore che saliva dal bollito e dalle verdure lesse che spesso erano la cena della domenica. Un'immagine triste, non mi è mai piaciuto molto il calcio e nemmeno il lesso. Anche quando raggiunsi l'età per giocare in strada proponevo sempre altri giochi, arrivai ad organizzare le olimpiadi pur di fare qualcosa di diverso dalle solite partitelle.


Dal momento che non mi piaceva non arrivai mai, né cercai di arrivarci, ad avere un buon controllo di palla. Con la palla ci litigavo, cioè, non ero completamente imbranato come chi non ha mai giocato a pallone, ma era una lotta tra me e la palla; la maggior parte delle volte vinceva lei ma capitava anche che vincessi io.

Tra i 20 e i 30 anni circa feci parte di una squadretta, niente di ufficiale, nessuna federazione sportiva, si partecipava a qualche torneo tra bar o altri gruppi di amici dei paesi vicini... Noi eravamo la biblioteca e avevamo la divisa del Brasile.
Perchè giocare in una squadra se non piace il calcio?
Perchè comunque si corre.
Perchè non me ne fotteva niente e dunque avevo probabilità di incazzature quasi nulle.
Perchè giocavo in difesa - quelli bravi stanno davanti ed è una cazzata tremenda - e potevo legalmente falciare qualcuno se m'incazzavo.
Perchè occupa meno tempo che andare in bicicletta, cosa che tuttora mi piace fare.
Perchè non sapendo giocare con i piedi devi giocare con la testa. Sempre scansati i colpi di testa, ma giocavo con la testa.

La parte più interessante è lo spogliatoio - NO, non durante la doccia - e le rivalità che al suo interno si creano.
Dal mio punto di vista, che non cercavo la "carriera", non cercavo di diventare il leader di 5 persone contro le altre 5, ma ero là solo per fare un po' di sport e per cercare di sfogarmi e divertirmi, vedere le trame che venivano tessute nell'ombra per non far giocare quello o per far decidere la formazione ad un altro sono state tra le cose più divertenti e interessanti a cui mi è capitato d'assistere; quasi una ricerca etnografica sul campo.
Quanto certe persone siano disposte a spendere, in tempo, telefonate, in scompensi emozionali per avere come ritorno solo una carezza al proprio ego, alla propria autostima, più che capirlo l'ho proprio visto in quella situazione.

Mi capitò anche di arrabbiarmi nonostante il mio disinteresse. Dopotutto, seppur ai margini, facevo parte di un gruppo. Certi atteggiamenti di supponenza, anche in una situazione stupida come quella di una partita di calcio, faccio fatica a sopportarli.
C'era in squadra un tizio che aveva giocato, anni prima, in serie C. Piedi buoni ma niente testa. Era consapevole del fatto che con la palla era un mago rispetto alla media e questo lo faceva pesare. Sono quelli che si notano quelli con i piedi buoni, è la componente principale, ma non l'unica, nel gioco. Sono quelli che fanno esclamare ma com'è bravo. Ed è vero. Ma non aveva testa. Testa inteso solo come visione di gioco. Era sempre nella posizione sbagliata, prendeva palla quando non doveva prenderla, scartava anche il disco del centrocampo, dava la palla a un compagno a simpatia e criticava tutti.
Con me fece l'errore di non chiedermi una cosa, peraltro stupida, guardandomi negli occhi.
Era ad un paio di metri da me e senza guardarmi disse ad un nostro compagno di squadra indicando me con un dito:
"Digli di giocare due metri dietro".
Eh no!
Se sti sto al fianco e mi devi dire qualcosa tu parli con me.
Appena presi palla, lo guardai, e platealmente passai la palla ad un avversario:
"Va bene così"?
Gli dissi a labbra tese.
Rispose di no ma da quella volta non si permise più di mancare di rispetto.
Anni dopo vidi un film sul baseball in cui Kevin Kostner fa qualcosa di simile.
Forse sarei potuto essere un discreto soggettista cinematografico.

Ogni cosa ha un prezzo e uno sport violento come il calcio mi costò l'interruzione a cintura blu della "carriera" di karateca. Una settimana prima dell'esame di cintura marrone mi feci male alla caviglia su un campo di calcio.
Peccato.

Quello che mi passa per la testa 2

Economia, dal greco οἴκος (oikos), "casa" inteso anche come "beni di famiglia", e νόμος (nomos), "norma" o "legge", leggo su wikipedia.

Non credo di sbagliare molto se la traduco come "regola della casa".

L'economia, specie quella di scambio - ma se non fosse di scambio che economia sarebbe? - è sempre politica.

Quello che mi passa per la testa 1

Della discesa in campo di Berlusconi non capii nulla.

Quando lo vidi in televisione risi e dissi: "si sta scavando la fossa da solo".

Qualche anno prima, non mi ricordo se alla caduta del muro o quando stava finendo l'Unione Sovietica, ascoltai le poche parlole che disse Leopoldo Pirelli rispondendo alla domanda di un giornalista che chiedeva cosa pensasse a proposito di quello che stava accadendo.
"Hanno finito di avere sempre ragione loro". Disse.

Quando le sentii ebbi quasi un brivido di paura e capii buona parte del tutto.
Purtroppo.

Stormy Six - Stalingrado La Fabbrica



Ai tempi che suonavano li conoscevo solo di nome, si vedevano a Milano i manifesti dei loro concerti. Li ho ascoltati 10 anni fa per la prima volta su qualche sito.

giovedì, dicembre 03, 2009

proverbi

Io pensavo che ai cavalli chiamati Donato non si dovesse guardare in bocca.
C'è voluto qualche decennio per farmelo capire.
Ma dite regalato, orpo!

Anche la gatta, non che fossi molto sordo però capivo così, che cazzo nuotava fino al largo?
E perchè perdeva solo lo zampino?
Tanto va la gatta al largo che annega.
Trovavo ben strano che una gatta nuotasse...ma, si sa, i proverbi...

Una ciliegia tira l'altra invece credevo fosse un tentativo di moto perpetuo.
Una ciliegia tira l'altra ma anche l'altra è una ciliegia dunque tira la prima che diventa l'altra ma anche l'altra è...

mercoledì, dicembre 02, 2009

Pensierino della sera

Io non credo nell'esistenza dei popoli.
Nel carattere dei popoli poi!

Alle elementari ci credevo e avevo scritto che gli inglesi bevono the e i francesi picchiettano l'indice sulla tempia.
Avrei dovuto darmi alla geopolitica.

lunedì, novembre 30, 2009

Pourqoui ont-ils tué Jaurès?

Il coraggio, è amare la vita e guardare la morte con uno sguardo tranquillo; è tendere verso un ideale e comprendere il reale; è agire e donarsi alle grandi cause senza sapere quale ricompensa riserva ai nostri sforzi l’universo profondo, né se lui riserva una ricompensa. Il coraggio, è cercare la verità e dirla; è non subire la legge della menzogna trionfante che passa, e non fare eco, del nostro animo, della nostra bocca e delle nostre mani agli applausi imbecilli e agli schiamazzi fanatici.
......................... ... ..............(Jean Jaurès - Discours à la jeunesse,1903)




Ils étaient usés à quinze ans................................. Erano usati a quindici anni
ils finissaient en débutant.................................... finivano iniziando
les douze mois s'appelaient décembre.................. i 12 mesi si chiamavano dicembre
quelle vie ont eu nos grand-parents…………………….… che vita hanno avuto i nostri nonni
entre l'absinthe et les grand-messes……………………….fra l’assenzio e le grandi messe
ils étaient vieux avant que d'être…………………………..erano vecchi prima di esserlo
quinze heures par jour le corps en laisse………………….15 ore al giorno il corpo al guinzaglio
laissent au visage un teint de cendres……………………..lasciano sul viso una tinta di cenere
oui notre Monsieur, oui notre bon Maître…………………sì nostro signore, sì nostro buon padrone

Pourquoi ont-ils tué Jaurès?…….....…....………………….Perché hanno ucciso Jaurès?
pourquoi ont-ils tué Jaurès? ………….......………………….Perché hanno ucciso Jaurès?

On ne peut pas dire qu'ils furent esclaves…………………Non si può dire che furono schiavi
de là à dire qu'ils ont vécu…………………………........………ma addirittura dire che hanno vissuto
lorque l'on part aussi vaincu…………………......……………quando si parte così vinti
c'est dur de sortir de l'enclave………………...………….. è duro uscire dall’enclave (ghetto)
et pourtant l'espoir fleurissait…………..…….…………...eppure la speranza fioriva
dans les rêves qui montaient au cieux………….………….nei sogni che salivano al cielo
des quelques ceux qui refusaient………..…..……………….di quei pochi che rifiutavano
de ramper jusqu'à la vieillesse…………………………………………di arrampicare fino alla vecchiaia
oui notre bon Maître, oui notre Monsieur…………………sì nostro buon padrone, sì nostro signore

Pourquoi ont-ils tué Jaurès? ……………………………….Perché hanno ucciso Jaurès?
pourquoi ont-ils tué Jaurès? ……………………………….Perché hanno ucciso Jaurès?

Si par malheur ils survivaient……………………………...Se per sfortuna sopravvivevano
c'était pour partir à la guerre……………………………….era per andare in guerra
c'était pour finir à la guerre………………………………...era per finire in guerra
aux ordres de quelque sabreur…………………….….……..agli ordini di qualche sciabolatore (ufficiale)
qui exigeait du bout des lèvres………………………….… .che esigeva con la puzza sotto il naso
qu'ils aillent ouvrir au champ d'horreur……………………che andassero a cominciare nel campo d’orrore
leurs vingt ans qui n'avaient pu naître……………………...i loro vent’anni che non avevano potuto nascere
et ils mouraient à pleine peur………..………………………e loro morivano pieni di paura
tout miséreux oui notre bon Maître………………………...completamente miserabili sì nostro buon padrone
couvert de prèles oui notre Monsieur………………………coperti di erba sì nostro signore

Demandez-vous belle jeunesse…………………… ...……..Chiedetevi bella gioventù
le temps de l'ombre d'un souvenir…………………………..il tempo dell’ombra di un ricordo
le temps de souffle d'un soupir……………………………...il tempo del soffio di un sospiro

Pourqoui ont-ils tué Jaurès? ………………………….…….Perché hanno ucciso Jaurès?
pourquoi ont-ils tué Jaurès? ………………………….…….Perché hanno ucciso Jaurès?

............(Jacques Brel)

sabato, novembre 28, 2009

Ipotesi cervellotiche


Ripensando agli anni che ho vissuto, i primi, a certi comportamenti che non ho più avuto crescendo, non potendo dimostrare nulla devo limitarmi ad ipotizzare.
I miei primi anni di vita credo siamo serviti a costruire le difese per il mollusco.
Non so perchè ma, sempre credo non potendo sapere, il mio mollusco si sente quasi sempre minacciato e richiede forti mura per difendersi dalle minacce esterne.
E qui sta una contraddizione.
Il mollusco pensante si ciba con quello che viene dall'esterno.
Dunque per farlo stare bene devo contemporaneamente tenerlo al chiuso, protetto e difeso, e anche aperto all'esterno per farlo mangiare.
Vabbé...hanno inventato le porte per questo. Ma le porte sono la parte più debole delle mura.
Comunque sia devo indebolire le difese per farlo mangiare.
Ma io ho il mullusco diffidente, quella porta la devo controllare. Questo costa energia a spese del mollusco stesso.
A lungo andare il mollusco si stanca. Si stanca e sbaglia.
"Quello dovevo farlo passare...sono stato troppo diffidente...poteva essere interessante...poteva essere divertente". Pensa il mollusco.
Oppure, siccome ho un mollusco anche curioso, invece di controllare la porta si distrae a guardare il paesaggio oltre le mura e non si accorge che sta entrando un nemico.
Oppure il nemico si avvicina travestito, sembra inoffensivo, e mentre il mio mollusco controlla la porta si mette a scavare sotto le mura.
Lui niente, non guarda, non vede più. E' occupato a controllare da un'altra parte e l'invasore è ormai sotto le mura.
Credo che il mio mollusco oltre quelle mura abbia difese molto scarse.
Quando il nemico è ormai dentro non fa danni, fa macelli.

E' anche brutto finire con un Boh...?

martedì, novembre 24, 2009

un po' di roba saldata assieme



22 settembre 1999

sabato, novembre 21, 2009

Esami, parte uno di un tot.

Quando presi 27 all'esame di fisica 1, era il secondo esame che davo alla prima sessione, pensai che fosse finita, che quello che era successo due anni prima fosse stato solo un incidente, un brutto incidente.
Fu l'unica volta che offrii da bere.
Quindici giorni dopo la verbalizzazione del voto, mi ricordo anche l'ora, erano le 11 e un quarto di mattina, ricevetti una telefonata da una che sosteneva di essere della segreteria del politecnico e mi diceva che l'esame era stato annullato e che dovevo rifarlo.
Non la mandai a cagare ma stetti allo scherzo e la salutai cortesemente.
Solo dopo mangiato, per scrupolo e forse anche per sapere se era stata l'amica di qualche compagno a farmi quello scherzo telefonai ad un compagno di corso.
Mi disse che era tutto vero.
Avevano cancellato due appelli di quel professore.
I rappresentanti degli studenti ci spiegarono che era in corso una guerra nel dipartimento di fisica e che noi studenti eravamo il campo di battaglia. Ci dissero che non potevano fare niente perchè i motivi della cancellazione erano del tutto formali. Gli esami devono essere tenuti da una commissione d'esami secondo un qualche regolamento che non conosco, ma era prassi che ogni esame lo facesse solo il professore, aiutato da qualche suo assistente, e poi farsi firmare il verbale da qualche collega in modo che la commissione dal nulla apparisse negli atti.
I nemici di quel professore si rifiutarono di firmare e i nemici erano tutto il resto del dipartimento.
Esame nullo.
Anche in seguito mai fatto esami davanti ad una commissione.

Non so cosa pensai in quei giorni ma mi convinsi, credo, che invece di Dio esistesse un Grande Stronzo che ce l'aveva con me.
Dopo questo scherzo e quello che mi era capitato due anni prima, da quel campo di una battaglia non mia non mi rialzai più.

Quel professore, indipendentemente dal voto che mi diede, non era un cattivo professore.
Il programma di meccanica e termodinamica lo fece completamente, curava personalmente le esercitazioni. Aveva le sue stranezze, si incazzava se qualcuno gli chiedeva se quella equazione non era più giusta col segno meno (o è giusta o non è giusta, lo so, ma torniamo al tempo in cui queste cose le stavamo imparando in cui le domande possono anche essere stupide ma servono a capire) e rispondeva che una volta fissato il verso del vettore il meno ci dice solo che il verso è quello opposto e lui il verso lo fissava sempre arbitrariamente e poi si regolava di conseguenza, che non siamo mica all'asilo dove il più e il meno servono solo per fare la somma e la sottrazione.
Una volta sola, durante il corso, ci disse che litigava spesso con i suoi colleghi perchè voleva aprire la biblioteca del dipartimento a tutti gli studenti e non solo ai laureandi; non capiva il perchè di questo e si chiedeva se non fosse la paura dei colleghi che gli studenti fregassero i portacenere il motivo di questa strana regola per cui in una università ci sia una biblioteca non frequentabile dagli studenti.
Ci parlava di quello che stava studiando sui film sottili, quelli di pochi strati atomici.
Odiava Zichichi e non perdeva occasione per dirlo:"E' una primadonna, la fisica si fa nei laboratori, non in televisione".

Professore universitario è una funzione pubblica, posso mettere il nome senza ledere la privacy, un po' come dire che sto leggendo un libro di Eco o di Azimov per esempio, perchè sono curioso di sapere che fece dopo che fu allontanato dal politecnico di Milano con quella scusa che danneggiò anche me.
In rete trovo solo pubblicazioni risalenti a metà anni '70, chissà che fece dopo?

L'ultima volta che lo vidi fu durante l'ultima assemblea con i rappresentanti degli studenti dove venne anche lui, il professor Carlo Reale, a dirci che non poteva fare nulla per farci riavere i nostri voti. Era più pallido del solito, camminava più curvo del solito ed aveva un'espressione apatica, tanto diversa da quella che aveva quando era in aula a spiegare.
Tenne il suo ultimo corso di fisica 1 al politecnico di Milano nell'anno accademico '82 -'83.
Se qualcuno che si trovasse a passare da queste parti avesse notizie su quel che fece dopo quell'anno e me le comunicasse avrà tutta la mia gratitudine, nulla di meno, nulla di più.

RAMMSTEIN - Amour

Gift.
Quello che in inglese è un dono in tedesco è veleno.
Curioso...


perversione



Foto mossa ad un cavalletto che serve per metterci su la macchina fotografica per non fare le foto mosse.

mercoledì, novembre 18, 2009

Azzardo




La legge dei grandi numeri funziona per cose che succedono da ora fino all'eternità.
Da qui all'eternità quante volte rosso e quante volte nero?

Se mi dite che dal più remoto passato fino ad ora è uscito sempre il nero dunque è più probabile che, per la legge dei grandi numeri (le leggi, mica c'è n'è solo una), esca il rosso, vi rispondo che la legge dei grandi numeri non c'entra una sega.

Dal passato più remoto fino ad ora lo strumento giusto si chiama probabilità condizionata.
Sapendo che sono successe date cose qual è la probabilità che succeda un'altra cosa?

Se si guarda al futuro, legge dei grandi numeri.
Se si guarda al passato, probabilità condizionata.

Domande diverse, strumenti diversi.


Boh...
Tanto i casinò saranno sempre pieni.
Però mi sono tolto un peso.
Se perdete i vostri soldi al casìnò, perchè prima o poi li perdete, io ve l'ho detto.

martedì, novembre 17, 2009

volo di gabbiani

lunedì, novembre 16, 2009

Imboscati

La prima volta che ebbi l'impressione che non me la raccontassero giusta fu in quinta elementare. Fu solo una impressione, non posso dire che imparai qualcosa o che ebbi un'illuminazione. Molto più banalmente quello che mi raccontavano a casa era diverso da quello che stavo ascoltando in classe.

Un mio nonno la Grande Guerra la fece al fronte ed in vari campi di prigionia. L'altro, di tre anni più giovane, fece il servizio militare, a guerra finita, andando a raccogliere i cadaveri e a ricomporre le salme per permetterne il riconoscimento ai parenti. Che per riconoscere un morto possa bastare guardargli i denti, perchè di riconoscible non si è trovato altro, lo so da quando ero bambino. I telefilm a plot autoptico che vanno di moda adesso per me non sono poi quella gran novità.

Ora, io potrei anche andare avanti a scrivere quello che sto scrivendo con una cura o uno stile da far invidia al più noto degli scrittori, curare il dettaglio della parola giusta che più giusta non si può o lasciarmi andare a uno stile lacrimevole che colpisca dritto al cuore.
Preferirei scriverlo con il culo.
Perchè la guerra puzza.
Questo avevo imparato dai racconti di chi viveva in quegli anni.
Non solo la guerra, ci fu anche la spagnola che colpì una popolazione già debilitata dalla povertà.
Povertà accresciuta dalla guerra.
Chi non rischiava la pelle al fronte rischiava di morire a casa.

"Abitava in quella via vicino al naviglio e le sue urla si sentivano fino in piazza. Quando fu chiaro che non sarebbe scampato disse che gli sarebbe piaciuto mangiare per una volta, prima di morire, del pane bianco. Mandarono uno a comprarlo dal panettiere ma quando ritornò era già morto. Lo rimandarono dal panettiere a riportare il pane e a farsi ridare indietro i soldi".
Mi raccontava mia nonna e anche questo:
"Non voleva saperne di andare in guerra mio fratello ma alla fine lo mandarono lo stesso. Per non andarci infilava l'ago con il cotone nel muscolo del braccio e tagliava il filo, lasciando il cotone a marcire all'interno del muscolo. Gli andava la febbre anche sopra i quaranta. Ha rischiato di morire di setticemia per non andare in guerra, a quel tempo gli antibiotici non c'erano ancora".

Mio nonno mi raccontava delle decimazioni e del pranzo del natale del '17 in un campo di prigionia a Norimberga. Andarono a cercare qualcosa da mangiare nelle pattumiere e trovarono solo bucce di patate. Fecero un brodo con quelle e le mangiarono.
Mi raccontava delle imposizioni stupide dei superiori in grado:
"Io ero sempre in prima linea perchè ero addetto all'avvistamento dei gas, ed era anche una fortuna perchè così non partecipavo agli attacchi. Quel giorno stavano bombardando, quando bombardano i gas non si possono usare perchè lo spostamento d'aria delle esplosioni li disperde e li rende dunque inutili, e allora io ho lasciato il posto per andare nelle retrovie a ripararmi e a riposarmi un po'. Tanto era inutile che rimanessi là. Quando il tenente mi vide mi puntò la pistola alla testa e mi urlò di tornare al mio posto. Potevo prendermi una cannonata in testa e morire per niente, ma proprio per niente".

Io ho la fotografia in testa di quel giorno che la maestra spiegava la Grande Guerra. Lei che cammina davanti ai finestroni dell'aula.
Silenzio in classe, le storie di guerra ai bambini piacciono.
Sorride e spiega. Trento e Trieste italiane. I ragazzi del '99. Caporetto ed il Piave.
Vivevo con gente che quegli anni li aveva vissuti. Già avevo sentito quelle storie. A ripensarci adesso era come se la storia incontrasse il presente. Quelle persone di cui la maestra parlava, quelli che c'erano nel '15-'18 li avrei incontrati poco dopo a casa. Sì, certo, più vecchi ma pur sempre loro. Non erano i Diaz o Cadorna ma a quei tempi c'erano anche loro.
Ero molto attento quando a tradimento usò quella parola.
Imboscati!
Come, che vuol dire?
"Oltre a questi uomini coraggiosi che facevano il proprio dovere e difendevano la patria"- non ho mai capito perchè la patria si difende sempre, anche quando si va a rompere i coglioni agli altri - "c'erano anche dei paurosi che per non andare a combattere si nascondevano, si chiamano, questi vigliacchi, imboscati".
Vigliacchi?
Imboscati?
Ma il fratello di mia nonna, di cui ho visto solo la foto sul marmo, era uno dei miei eroi. Arrivare a bucarsi il braccio per non fare quello che altri, e ripeto altri, ti vogliono far fare non è mica da tutti.
Anche mio nonno non aveva mai parlato in termini di eroismo della sua vita da soldato. Fame, sporcizia, qualche atto d'insubordinazione, di quello mi parlava.
Perchè la maestra parla di eroi e di vigliacchi?
Rimasi turbato.

Molti anni dopo lessi che la guerra non ha vincitori ma solo perdenti.
Non è vero.
La guerra ha vincitori, sempre.
Sono quelli, quegli altri, che mandano le maestre di scuola a raccontare ai bambini di imboscati e di eroi.
La maggior parte dei bambini ci crede.
Continuano a crederci anche quando diventano grandi.

domenica, novembre 15, 2009

Cosmocomunisti



Un bel piano quinquennalle esplorativo, che se l'esplorazione è lasciata al libero mercato delle esplorazioni poi la gente si perde per strada, e alla fine anche quei fascistoni dei Klingon sono entrati nella soyuza, ops... federazione volevo dire.

sabato, novembre 14, 2009

arma letale



Pulendo casa hanno ritrovato il mio vecchio tirasassi.
Sono commosso.

una email che ho appena spedito

Ho scaricato "kukushka" con i sottotitoli, bello.
Hanno doppiato il finlandese e le altre lingue sono sottotitolate.
C'è un altro film che mi è piaciuto: "ogni cosa è illuminata".
Forse questo l'hai già visto, è una produzione americana ed è già passato in televisione.
Ha anche degli spunti comici pur essendo un film drammatico.
Solo che la copia che ho trovato in rete non ha i sottotitoli per le parti in russo
ma solo un file di testo a parte con la traduzione e non c'è stato verso di fare apparire
questa traduzione come sottotitoli. Forse ci vorrà un lettore apposta.
Comunque bello anche questo film.
ciao

giovedì, novembre 12, 2009

Una rosa

lunedì, novembre 09, 2009

Il Carnizziere

"Andavo al cinema a vedere i film e studiavo i verbi".
"Perchè i verbi li studiavi"?
"Perchè i verbi reggono tutto il discorso, bisogna studiarli, impararli bene".

Così mi disse Carnizziere durante una passeggiata in un tardo pomeriggio d'agosto lungo la spiaggia di Latina quando gli chiesi come aveva fatto ad imparare il tedesco.
Carnizziere lo chiamavano così perchè, prima d'emigrare in Germania, aveva fatto il macellaio; conosceva il nome di tutti i pezzi carne e consigliava molto volentieri chiunque gli chiedesse consigli su quale taglio di carne fosse il meglio per preparare un certo piatto e come la carne dovesse essere tagliata.

Quello che mi incuriosiva di lui era il modo in cui parlava tedesco. Io tuttora non conosco il tedesco ma Carnizziere mi dava l'impressione di parlarlo, non so quanto correttamente, ma di sicuro fluentemente. Quando vedeva sulla spiaggia o nell'albergo delle famiglie tedesche trovava il modo di attaccare bottone e non l'ho mai visto ripetere frasi, o farsele ripetere, né ho visto espressioni interrogative o confuse sui volti dei suoi interlocutori.

Lavorava in trasferta alla centrale di Latina. Quell'anno le vacanze estive le passai in quel posto perchè anche mio padre lavorava lì. In poco più di un mese ebbi modo di conoscerlo un po'.

Comprava e leggeva Cronaca Vera. Una mattina mi misi a sfogliare quella rivista e rimasi quasi schifato da un giornale così di merda. Quando mi vide che stavo leggendo mi si avvicinò e mi disse:
"Leggi, leggi. Su questo giornale c'è scritta veramente la verità".
Abbozzai un sorriso.
Era un'accozzaglia di racconti di tradimenti tra moglie e marito, accoltellamenti, spari, ritrovamenti macabri. Lo lessi ancora per qualche minuto e poi me ne andai chiedendomi come si potesse buttare i propri soldi per cose così idiote.

Qualche giorno dopo seppi che il Carnizziere era stato in galera. Condannato perchè aveva sorpreso la moglie con l'amante e l'aveva accoltellata. Per essere precisi mi dissero che le aveva tagliato le orecchie. In prigione non ci stette molto perchè quando successe il fatto in Italia c'era ancora l'attenuante del delitto d'onore.
Non so quanto di vero ci sia nei particolari che mi raccontarono ma fatto sta che i figli furono affidati a lui. Non avendo nessuno che li curasse dovette portarli in un istituto, i martinitt di Milano. Proprio per permettersi di pagare la retta dell'istituto cercava sempre di andare a lavorare in trasferta e accettava qualsiasi mansione. Era molto orgoglioso dei suoi figli e quando mi diceva che suonavano nella banda di quell'istituto gli s'illuminava lo sguardo.

Una sera venne con me e la mia famiglia a mangiare in un paese all'interno, dove sgorgava dell'acqua sulfurea. Mentre stavamo mangiando si mise a raccontare un fatto che gli era capitato in Germania.
Un processo per percosse.
Non mi ricordo i fatti ma solo il finale del suo racconto perchè un po' mi scioccò:
"...a quell'ebreo gliele ho date ma mi hanno assolto. Al giudice, in aula, quando finì di leggere la sentenza gli ho detto in tedesco, c'era un traduttore ma il tedesco già lo parlavo, che se fosse stato al potere ancora qualche anno di quelli non ce ne sarebbe più neanche uno. Il giudice ha fatto finta di non capire ma mi ha sorriso".
Momenti di gelo. Mia madre o mio padre cambiarono discorso.

Una sera, mentre ero seduto da solo sulle scale che portano alla spiaggia, indeciso se andare o non andare da quella ragazza che era seduta più in là, il Carnizziere mi passò accanto e senza che dicessi nulla mi chiese:
"Perchè non vai da Nancy, è là da sola"?
Ancora prima che potessi snocciolare metà della prima giustificazione tra quelle che si usano quando non si vuole ammettere, soprattutto davanti ad altri, di aver vergogna, giustificazioni come ho sonno, ho mal di testa, ho digerito male, ho un'unghia incarnita, sono sotto tiro e se mi muovo mi sparano, mi prese di peso e mi depositò di fianco a lei. Mi depositò lì e basta, non disse nulla. Depositò il pacco e se ne andò.
Bella mossa!

Io non lo so chi sia quest'uomo, un violento, un padre affettuoso, un razzista, un gran lavoratore, uno sbruffone...Non lo so.
So solo che del fatto che parlasse tedesco non avendo finito nemmeno le elementari, mentre io addirittura arrancavo con quella forma dialettale del milanese che chiamano francese, avevo una gran invidia.

Idee e Watt

Tutti devono avere la libertà di dire ciò che pensano.
Ma non è mica lì il problema.
Il problema è il megafono.
Non tutti ce l'hanno.
Qualcuno ce l'ha.

sabato, novembre 07, 2009

Non solo Parigi è sempre Parigi.



Anche Vienna resta Vienna.

venerdì, novembre 06, 2009

mercoledì, novembre 04, 2009

Centro Addestramento Reclute


La maestra mi ha insegnato a leggere, scrivere e far di conto, nulla da dire.

Alla maestra, nonostante io abbia iniziato la scuola il primo ottobre 1968, del metodo Montessori non fotteva una sega e picchiava. Solo con le mani però. Io in cinque anni ho preso solo uno scappellotto sulla nuca ma mi rintrona ancora la testa.

La maestra ci ha insegnato a marciare. Segnare il passo, avanti marsch, per fila sinist, sinist, alt, dietro front, attenti , riposo, non diceva rompete le righe. O forse sì. Mi manca il presentat arm, questo è sicuro.
Forse non ho fatto il militare non tanto per i piedi piatti ma perchè sapevano che ero già stato istruito.
Quando vedo i documentari sulla scuola fascista degli anni '30, quelli con i bambini che marciano, di diverso da quello che ho fatto io c'è solo il passo. Il passo dell'oca non ce l'ha mai fatto fare.

La maestra decorava i meritevoli che erano tenuti ad esibire la decorazione appuntata sul petto. Io ero decorato al valor della lettura, nastro bianco a pois rossi, un fiocco spillato sul grembiule bianco all'altezza del cuore.

La maestra ha degradato un mio compagno di classe, nel senso militaresco di strappare i gradi.
Andavano di moda nei primi anni '70 delle specie di figurine in raso con stampati gradi e decorazioni, avevano molto successo tra i fanciulli e gli adolescenti del tempo.
Un giorno, mentre stavamo indossando i cappotti prima di uscire, la maestra vide una macchia gialla su quello di un alunno. Le si avvicinò e cominciò ad urlare:
"Ma cos'è questo? Una medaglia al valore? Per di più d'oro"!
C'era scritto una cosa del tipo medaglia d'oro al valor militare, nient'altro.
"Queste decorazioni non si portano per gioco. Queste medaglie sono onorificenze che degli eroi hanno meritato perchè hanno donato sè stessi alla patria. Anche la propria vita. Cosa hai fatto tu per meritarla"?
Gli strappò la medaglietta in raso e, tanto che c'era, anche i gradi sulla manica. Le medaglie non erano tanto facili da trovare in quelle bustine. Quel bambino ci rimase proprio male.
Da quel giorno ci fu proibito indossare indumenti con attaccati quegli adesivi.
Dovevamo presentarci, puliti e in ordine, solo con la divisa. Grembiule bianco e fiocco azzurro.

E' suonata la campanella. E' ora d'uscire.
Mettetevi in fila.
Segnare il passo.
Avanti, marsch.
Uno, due, uno, due...

Mi ha ridotto lo stipendio :-(

Umen'shenie Zarplaty / Salary Decrease

K sozhaleniu, mne opyat' prehoditsa ponizhat' zarplaty, seichas i, po vsei veroyatnosti, v blizhaishem budushe. Kak vsegda, ya budu prodolzhat' starat'sya platit' bol'she chem ostal'nye firmy. Esli vy ne vsegda rabotaete s wellnessom vyshe 95, i eto ne k mnogim otnosetsya, proshu podnyat' svoi wellness i pomoch' kompanii. Spasibo za ponemaniya.

Unfortunately, I have to again decrease salaries, both right now and probably in the near future. As always, I will continue trying to pay more than the other companies. If you do not always work with a wellness greater than 95 (and this is not many people), please raise your wellness and help the company. Thank you for your understanding.


Tanto che c'era poteva scrivermelo in cirillico però!

Così faccio anche più fatica a leggerlo, oltre a non capire praticamente nulla del russo.

Gli rispondo: ia ponemaniu, korosho / i understand, well.


Si tratta di un gioco online, Erepublik, noiosissimo, grafica assente.
Ci gioco perchè trovo che sia una buona simulazione dei mercati con un insieme ridotto di contendenti, dicono circa 200.000 giocatori ma quelli attivi non credo che siano più di qualche decina di migliaia. La parte politica assieme a tutte le altre opportunità che questo gioco offre non le guardo quasi per niente. Non mi posso permettere un impiego di tempo troppo alto e la parte sociale non mi interessa.
Lavoro in russia perchè al momento è lo stato con la moneta più forte che paga gli stipendi più alti e posseggo tre compagnie, in Italia, Russia e Giappone, con le quali faccio il capitalista bastardo. Quando si presenta l'occasione opero sul mercato monetario. Lì la politica, le guerre e la forza economica di uno stato hanno la loro importanza, come nel mondo reale. Le variazioni sono più rapide che nel mondo reale essendoci meno investitori.
Si può andare dappertutto senza passaporto, basta avere i soldi per spostarsi.

martedì, novembre 03, 2009

Gli omini verdi

Ma Borghezio si interessa agli U.F.O. perché sono extracomunitari e potenzialmente immigrati clandestini?

Chi volesse saperne di più faccia una ricerca in rete - Borghezio ufo - perchè io video o foto del tizio sul mio blog non ce le metto.
Non per la politica, solo per estetica.

lunedì, novembre 02, 2009

Un risveglio


Trovammo quello spiazzo, con un praticello in mezzo e circondato da un bosco, quando era già suonata la mezzanotte, lungo una stradina da qualche parte nel centro della Francia.
Dopo tre giorni a Londra in cui mangiammo solo da Pizza Hut, perché aveva dei cessi accettabili, e dormimmo in macchina in un parcheggio della periferia avevamo bisogno di fare una notte lunghi e distesi, srotolammo i sacchi a pelo e ci addormentammo guardando il cielo stellato.
All'alba aprii gli occhi e, a circa un paio di metri dalla mia faccia, c'erano gli occhi scuri di una lepre che mi stavano fissando.
Dopo qualche momento corse a nascondersi nel bosco.

Honni soit qui mal y pense



Prima pagina dell'inserto di economia del corriere della sera di oggi.

Sarà che questa notte l'ho dormita stamattina e mi rendo conto che è un bel culo averlo potuto fare...
Sempre pensato che la finanza sia pericolosa ma non seria.

domenica, novembre 01, 2009

Smoke on the water



Se non fosse stato che i miei cugini di Milano, cittadini dunque più vicini alle correnti del mondo e più vecchi di me, misero Made in Japan sul giradischi - poi fu promosso a stereo ma allora si chiamava ancora giradischi - e sentii una chitarra ad alto volume con un timbro strano che diceva:
"


".
Io forse sarei qui ad ascoltare Orietta Berti e Claudio Villa e basta.

sabato, ottobre 31, 2009

Endecasillabo sciolto, una bottiglia da 75 cl.




Febbraio 2008

venerdì, ottobre 30, 2009

Il mio avatar ovvero perchè Don't panic




Don't panic l'ho preso dalla guida galattica per gli autostoppisti e lo uso come avatar per due motivi.
1) Perchè mi piace l'idea che don't panic stampato sulla copertina della guida tranquillizza l'acquirente di questo libro.
2) Perchè nell'edizione italiana che ho letto l'hanno tradotto con "Non fatevi prendere dal panico".
Tradurlo "Niente panico" no, EH!



Albero nella notte


Febbraio 2000

quadro della situazione


Gennaio 1991

giovedì, ottobre 29, 2009

Amazzone



L'avevo chiamato "il risveglio" ma ora "amazzone" mi piace di più.
Gennaio 1991.

mercoledì, ottobre 28, 2009

lunedì, ottobre 26, 2009

Elenco non esaustivo di cose non particolarmente furbe, successe anche per caso, che non mi hanno lasciato segni.

  • Piantare la tenda e immediatamente dopo smontarla su un green di un campo da golf in Costa Azzurra. Era notte e ci siamo trovati,non so come, non so da dove, sul prato perfetto. Parcheggiata l'automobile e montata la tenda al suo fianco. Quando con la torcia illuminai una bandierina rossa rimasi molto deluso.
  • Fare l'incidente più idiota in Gran Bretagna. Era la seconda volta, e per ora ultima, che ci andavamo. Eravamo già in Galles. Era un furgoncino rosso delle poste, con le scritte in gaelico. Appena uscito dall'auto gli ho urlato una cosa del tipo:"Ma da che parte guidi, coglione"!?
  • Piantare la tenda a Mont Saint Michel. Non ci siamo bagnati ma la marea tende a tenerti sveglio.
  • Essere ubriaco tradito su una spiaggia di sassi (che a me la spiaggia di sabbia fa schifo) con la luna piena che si riflette nel mare abbracciato alla compagna di classe che mi piace tanto (ero ubriaco) e sentire le più dolci parole d'amore che le mie orecchie hanno mai sentito:"Sta attento a non vomitarmi addosso". Questa qualche segno me l'ha lasciato però.
  • Voler dormire su un prato a San Miniato a Firenze senza sacco a pelo, tanto siamo in estate, e trovarsi a rovistare, alle due di notte, nei cestini dei rifiuti alla ricerca di giornali per coprirsi.
  • "Ma cosa vuoi far potare quella pianta? Costa un sacco di soldi e, a meno che non arrivi una tromba d'aria, va avanti ancora per 10 anni". La tromba d'aria arrivò l'anno seguente e quella pianta cadde sul tetto. Il tetto di casa mia. Anche la pianta era mia.

Bon, per stasera basta così. Tanto non c'è assoluzione.

I piani della scolastica


Io ho smesso di andare a scuola dopo la terza media.
No, no. Non ho mentito nei miei precedenti scritti in questo blog.
Ho veramente frequentato il liceo scientifico e l'ho portato a termine. Ma l'ultimo edificio scolastico in cui ho messo piede da scolaro è stato quello delle medie del mio paese. Bello, a ripensarci ora. Le aule che erano aule, la palestra, anche un bel giardino attorno con una pista d'atletica, solo i 100 m dritti, non l'anello di 400 m, la pedana per il salto in lungo e un campo di pallavolo.
Dopo quell'edificio costruito come scuola per fare la scuola non mi è più capitato di seguire una lezione in un posto che fosse scuola, nel senso edile del termine.
I primi due anni del liceo li ho passati in un palazzo a Cassina de' Pecchi il cui primo piano era stato riadattato, dai due o tre appartamenti ad uso civile che era, a contenere, nei locali più grandi degli spazi che qui, per brevità di scrittura, chiamerò aule, quattro o cinque, e in quelli più piccoli la sala professori e sgabuzzini per un uso che mi rimane sconosciuto.
I bagni erano belli, non avevano lesinato sulle maioliche e c'erano vasca, bidé e doccia oltre alla tazza e al lavandino. Non c'era la palestra, dovevamo trasferirci in un'altra scuola, quella scuola per davvero, nelle ore di ginnastica, ma dei bagni così belli me li sogno ancora.
L'aula in cui ho frequentato il primo anno aveva un simpaticissimo pilastro che, non mi ricordo se per abilità o per caso, fu il mio sostegno. Avere un pilastro al proprio fianco, oltre che ad aumentare la fiducia in sè, aiutava nelle manovre di copiatura durante i compiti in classe. E'stata una guerra di posizione la mia, trincerato dietro quel pilastro sono riuscito ad evitare le bordate dei dettati di francese che, a colpi di accenti gravi, acuti e circonflessi mietevano vittime nelle file degli alunni più esposti al fuoco nemico. Ripagavo con la matematica che , almeno per i primi tre anni non mi ha dato problemi, escludendo i compiti del primo quadrimestre in cui regolarmente confondevo il meno con l'uguale. Quadrati e doppi, tripli prodotti anche a gesti sempre nascosto da quel pilastro.
Negli anni successivi, a Melzo, ho frequentato in una palazzina d'uffici. La palestra era nel seminterrato. I più alti, se non frenavano l'esuberanza giovanile, rischiavano una commozione cerebrale.
Ultimo anno all'oratorio di Melzo. Gli oratori sono costruiti come scuole, la chiesa lo sapeva bene che lo stato non avrebbe costruito tutte le scuole necessarie e si era portata avanti. Non c'era l'otto per mille ma c'erano gli affitti. La mia classe era in soffitta, non so se questo abbia contribuito a far pagare un affitto ridotto.
Bello. Posto piccolo, quasi raccolto e, nelle giornate limpide, si poteva godere di un bel panorama.
Sui laboratori stendo un velo pietoso.

Se mi fossi fermato alla terza media sarebbe stato meglio, ma questa è un'altra storia che con l'edilizia non c'entra niente.

Nella foto la stazione di Cassina de'Pecchi tanto per dare un certo tono a quella cosa scritta sopra.

sabato, ottobre 24, 2009

Ex cathedra senza null'altro intorno


Ci incrociammo all'entrata del dipartimento di elettronica neanche 24 ore dopo che avevamo parlato nel suo ufficio del progetto per l'esame di programmazione dei calcolatori elettronici.
Per quella cosa, che mi insegnarono fin da piccolo, chiamata educazione la salutai:
"Buongiorno". Dissi, forse abbozzando un sorriso di circostanza.
Non deviò di nemmeno un grado il suo sguardo e continuò a guardare dritto davanti a sè ma mi rispose:
"Il mio giorno di ricevimento è giovedì".
Era un venerdì dunque.
Mi bloccai sulla soglia e, girando il capo, la seguii con lo sguardo mentre si allontanava. Non si girò.
Qualcuno mi fece notare che stavo bloccando il passaggio, ripresi a camminare senza nemmeno scusarmi.
Ma, si sa, da giovani è più facile essere cafoni.

Natalie Cardone - Hasta siempre

Sono le tre...sarà meglio andare sotto le coperte.
Prima un ultimo video.
Al di là di tutto, il quarto stato di sole donne, verso la fine del filmato, mi è piaciuto dal primo istante che l'ho visto.

Came Ye o'er frae France



http://www.telusplanet.net/public/prescotj/data/music/camyeoer.html

venerdì, ottobre 23, 2009

giovedì, ottobre 22, 2009

Fiori gialli in un vaso

mercoledì, ottobre 21, 2009

Rauchen verboten


























Eccapisco che è pubblicità!

Ma quello che l'ha fatta 'sta pubblicità mi sa che s'è fumato qualcos'altro.

40 buoni motivi per essere e sentirsi italiani...e sì!
Il fumo danneggia gravemente te e chi ti sta intorno, mica solo in Italia.

Mi sono ricordato del volo da Londrino a Milano, attraversando le alpi, di Giovanni Bassanesi nel '30.
Tra i volantini che lanciò su Milano c'erano quelli con l'invito a non fumare (ricordo milanese quarantottesco, cito da Salvatorelli, Mira - Storia d'Italia nel periodo fascista).




40 buoni motivi...
Tanti santi a cui votarsi...la pasta al dente...il falò di ferragosto... Il falò di ferragosto?
Dalle mie parti il falò lo si fa a sant'Antonio, il 17 gennaio...Antichi riti pagani...Come la festa del sole del resto.

Per la prima volta ho pensato, solo pensato, di smettere di fumare.

La donna, il due e sempre solo picche.


Non doveva essere molto in forma quella sera.
E' anche vero che dopo l'una di notte e tre bottiglioni di rosso qualcuno cominciava, ogni giovedì, a dare segni di cedimento. Era il primo indizio che la partita settimanale del due, la briscola chiamata che si gioca in cinque, stava per terminare. Noi di solito eravamo più di cinque, si stava fuori a turno.
Comunque sia, mentre stava per giocare la sua carta, dopo aver pensato per più di un minuto, il biondo disse, con una voce monocorde e scandendo bene le parole:
"E' meglio una bella cagata di una brutta scopata".
Buttò sul tavolo, lanciandola con uno stanco movimento del polso , la donna di picche.
Non facemmo molto caso alle sue parole. Dopo che si era aperto il quarto bottiglione non era insolito, per noi, raggiungere così alte vette filosofiche. Ci avevamo fatto il callo e non ci furono né applausi né commenti.
La mano continuò il suo percorso, lentamente. Quando si avvicinavano le due di notte le mani rallentavano sempre. Dovevano adeguare la loro velocità a quella del nostro pensiero.
Arrivò il turno di quello che in quel giro si era ritrovato ad essere il socio del biondo.
Il socio alzò gli occhi dalle sue ormai poche carte, la mano stava volgendo alla sua fine, guardò il biondo e con violenza gettò sulla tavola il due di picche urlando:
"Ma va a cagà"!

Vacanze, presenze e solite assenze.


Ero seduto placido e rilassato vicino al bordo della piscina in un campeggio nell'isola di Corfù.
Un libro in una mano e una bottiglietta di latte al cacao ancora fresca nell'altra.
Io sono un maniaco del cioccolato.
Me ne stavo in pace a leggere e a sorseggiare quel nettare che, specialmente in una giornata calda come quella, riesce a spegnere ogni mio altro desiderio quando sentii alla mia sinistra la voce di un amico che stava seduto accanto a me:
"Ostia"!
L'esclamazione non turbò il magico momento che stavo vivendo. Uno di quei momenti in cui sono splendidamente solo anche se vicino a me ci sono decine di persone.
Ma a quel mio compagno di viaggio tutto questo non importava, non poteva conoscere il mio stato d'animo. Un libro e una bottiglietta di latte al cioccolato. Stavo brindando con gli Dei.
Non notando reazioni alla sua esclamazione continuò:
"Cazzo, Marco, ma tu cosa ne pensi"!?
Alzai lo sguardo dal libro, lui stava guardando nella direzione della mia bottiglietta, bevvi un sorso e guardandolo dritto negli occhi pensai a cosa rispondere. Buono era troppo poco. Esagerare con le parole non avrebbe comunque reso, se non in minima parte, il piacere che stavo provando in quel momento e che lui stava cercando di rovinare con la sua insistenza.
Tirai, sempre guardandolo, un rutto di soddisfazione. Non sarà troppo fine ma era la cosa che meglio comunicava come mi sentivo.
Mentre riabbasso lo sguardo per riperdemi in me stesso sento i miei amici, ne era sopraggiunto un altro, che ridono rumorosamente.
Lì guardo sorpreso e un po' deluso dal fatto che la risata aveva interrotto quel mio stato di grazia.
"Oh Marco, ti chiedo che ne pensi di quella figa galattica e tu rutti"!?
Mi giro verso destra ed effettivamente, ad un paio di metri, c'è una bionda in due pezzi con tutte le cose al posto giusto, il davanti, davanti, il dietro, dietro, sdraiata a prendere il sole.
"Ma sono qua a leggere e a bere, che cazzo di domande mi fai"?!
Continuano a ridere:
"E già, ti si siede di fianco un pezzo di figa e tu leggi...Sveglia"!
Sorrido anch'io, un sorriso stirato:
"Ma andate a cagare, stavo così bene".

1971, Stanford prison experiment




Dell'esperimento della prigione ne sentii parlare alla televisione, forse era quark, una delle prime edizioni credo, e mi rimase vividamente impresso nella memoria.
Ho letto un po' di cose in questi anni.
L'esperimento è controverso. Un fallimento di grandissimo successo. A me dà l'impressione che abbiano cercato di misurare l'intensità di un terremoto con un diapason.
Ho anche letto il libro che recentemente Zimbardo ha scritto, L'effetto Lucifero.
Troppe cose tutte assieme, secondo me, ma sicuramente interessante.

martedì, ottobre 20, 2009

If in a stormy night a ghost...


Se il tuo più vecchio amico ti dice che sei strano.


Se tuo padre ti chiama il fantasma.


Se tua sorella, quando gli dici che non vuoi andare in un posto, per convincerti ti dice che ha già avvertito chi dovremmo incontrare spiegandogli che suo fratello è un po' particolare.


Se di tutto quello che ho scritto non capisco il perchè, tranne il fantasma.


Allora qualcosa di vero ci deve essere.


Ma la cosa più importante è che io sarò un fantasma un po' particolare ma so che gli strani siete voi.

Cerchio di grafite in cielo


30 settembre 1980, mattina, Liceo scientifico statale, Melzo.



Butto via il mio tempo

per cose assurde,
irrazionali.
Storie di mitici eroi
sepolti nelle ragnatele
di oziosi cervelli.
Professori preregistrati
mascherati
da esseri pensanti.
In mezzo a questi automi
voglio trovare
la mia vera dimensione.


Aggiornamento stato della ricerca.
Trovato nulla e mi sto anche rompendo le balle.
Che cosa volevo dire con dimensione?
Non sono mai stato un tipo da cioè cazzo, cazzo cioè.
Mah!?

lunedì, ottobre 19, 2009

Post fatto con i piedi.


Sappiamo chi sei.
Sappiamo dove vai.
Conosciamo il colore delle calze che indossi.

Agosto 1979, Borgo Sabotino, Latina

Uno: "Aoh, me vorrei fa la porsche, quella da 200 cavalli, sali e sei già a 200 all'ora"!
L'altro: "Ma com'è che certi camion c'hanno anche più cavalli e vanno de meno"?
Uno: " Evvabbè, che c'entra, quelli der camion so' cavalli potenza quelli della porsche so' cavalli velocità. Ma quanto sii ' gnorante"!

Io alzo lo sguardo dal giornale che sto leggendo, li guardo e penso: "Effettivamente un cavallo da tiro è diverso da un cavallo da corsa".
Mi rimetto a leggere.

domenica, ottobre 18, 2009

Fiori d'arancio

La fidanzata dell'amico che fa una professione money money money e con una certa propensione a "guardarsi in giro": "Ma non è vero che ci si mette insieme per i soldi! Una mia amica ha un fidanzato che fa l'operaio, si amano e stanno bene insieme...Certo, io che ormai sono abituata ad un certo tenore di vita non lo farei, stare magari a lesinare sulle cene... Ormai ho abitudini diverse."
Marco: "Ah, ecco...".
La fidanzata dell'amico con sguardo viperesco e voce incazzata sibilante: "Ah ecco cosa"?
Marco: "Ah ecco e basta".

Pochi anni dopo. Due o tre.

Un altro amico:"Oh Marco, hai sentito? Il nostro amico che fa una professione money money money e la sua fidanzata che poi ha sposato si sono separati".
Marco: "Durato tanto però! Non me lo sarei mai aspettato così lungo".

venerdì, ottobre 16, 2009

Degrado



Trafiletto di un articolo apparso su un giornale di un paese del milanese la settimana scorsa.

Giornale nato nei primi anni settanta all'oratorio ora edito da una cooperativa sempre di area cattolica.


Del paese non frega niente e il fatto che i giovani facciano casino sono le solite seghe mentali dei benpensanti, arriva l'inverno e tutto si azzittisce, i borghesucci preparano il Natale e i giovani vanno a farsi le canne al caldo se proprio vogliono farsele. Ogni anno è così. Ho tolto il nome del tizio perchè non ritengo che sia un problema di persona. Cazzi di chi ha permesso che questa gente stia a governare quella cittadina.



Quello che m'interessa sottolineare non è tanto l'articolo, le ultime 8 righe in particolare, ma la risposta, dopo una settimana, che ha provocato su quel giornale in cui le polemiche tra "forze politiche" per problemi vitali come le buche sulle strade vanno avanti per settimane.

Mi aspettavo tuoni da tutte le forze politiche non di destra, saette dai cittadini che non si riconoscono in quelle parole di un leghista che forse pensa che il ventennio sia la festa dei vent'anni: "Che bello. che bello, facciamo la festa che ci porta voti"!

La notte verde!

Sui giornali di partito ma anche delle bocciofile, per provocare, si può leggere di peggio. Questo giornale, invece, non ha come referente un partito. Non è il giornale della lega o del msi o come cazzo si chiama adesso. I suoi lettori sono di aree eterogenee anche perchè è l'unico giornale di quel paese e si è guadagnato il posto che occupa. Ci scrivono tutti e tutti lo leggono. In quel paese l'oratorio è, dal dopoguerra, l'unica potenza.

Polemiche sempre e per tutto.


Questa volta no.

Una sola lettera del circolo delle acli che, a proposito delle parole del tizio, spiega che l'uso della violenza, attraverso lo strumento manganello, è insufficiente e riduttivo.


Del villaggio m'importa sega!


Quello che mi fa paura è che Hitler non è diventato Hitler perchè si chiamava Hitler e faceva bei discorsi in birreria.
Hitler era la radio.
Hitler parlava dalla radio, lo ascoltavano sia in città che in campagna, ed a un certo momento nessuno ebbe più la forza per poter replicare.


Qua cominciano a star zitti anche sui giornaletti di paese.
Lì sta la base.

Non è repubblica, non è il giornale, non è la padania.
E' un giornale dove la polemica partiva anche dai cittadini per, ma sì, chiamiamole così, le loro minchiate.
Le lettere sulle staminali, tante, sul referendum aborto, tante.
Mi aspettavo almeno una pagina di lettere, tra pro e contro.


Invece un tizio si permette di invocare il manganello e va bene così.

Normale amministrazione, ecchevuoi che sia!

Sottile retorica volta a smuovere la coscienza del cittadino dello stivale? Stinkstiefel!
Insufficiente e riduttivo...Sticazzi!


Siamo quasi pronti.
Cominciamo a scavare che a riempirle ci si mette un attimo.
Il cadavere siamo noi.

Sono disgustato ,affranto, incazzato...


Però un trafiletto sulle primarie il tempo per farlo l'hanno trovato.

Forze politiche...Forze!?

giovedì, ottobre 15, 2009

Quando gli elettrolitici fanno spampf

Prova tastiera.

12345678901234567890abcdefghilmnopqrstuvzWYX!£$%&/()=?^@#][§ùàòèé*éç°_:;
Sembra a posto.
Invece il mouse ha movimenti random, ma tutto sommato (adopero troppi tutto sommato) funziona.
Il bello degli degli elettrolitici è che si beccano al volo quando scoppiano.
Si sarà perforato per vecchiaia o perchè c'è qualche guasto a monte?
Diamolo per vecchio.
Comunque finchè riesco a scrivere di tirar giù la motherboard non se ne parla.
Sembra che funzioni tutto.

Tanto che sono qui e un po' per tirar tardi, qualsiasi cosa pur di non guardare la tele.

Alto non sono, ma la mia statura è del tutto socialmente accettabile. Se fossi nato nel '700 sarei stato persino alto.

In prima elementare, verso la fine dell'anno scolastico, quello più grosso della classe, aveva un anno in più perchè aveva fatto la prima in Germania ma non gliel'avevano riconosciuta e ha dovuto ripeterla, mentre ci stavamo preparando per uscire da scuola cominciò a darmi fastidio.
Gli sono saltato alla gola. Ma nel salto sbattei il naso contro la sua testa e cominciai a sanguinare.
La maestra lo teneva sempre d'occhio e quando ci vide vicini con io che perdevo sangue urlò:
"Nomedelcompagnodiclassedimarco che cosa hai fatto"!
Io lo stavo guardando in quel momento. La sua espressione di sorpresa, nessuno lo aveva mai toccato quando voleva fare il duro con quelli più piccoli, mutò in terrore, avevano già chiamato i suoi genitori diverse volte.
Mi rivolsi alla maestra e dissi la verità:
"Non l'avevo visto e gli ho sbattuto contro, lui non ha fatto niente".
Pura verità, come mi avevano insegnato, ero accecato dalla rabbia.
Io non dissi nient'altro.
Lui non disse niente.
Per capirsi, certe volte, le parole non servono.
Fummo compagni di banco fino alla fine delle medie.

Tutto sommato ( scrivo troppi tutto sommato ) ho la statura di un primo ministro, più o meno, credo.
Quando potevo facevo sempre copiare quelli che me lo chiedevano e non mi sono mai nemmeno sognato che si potesse chiedere qualcosa in cambio.
Si vede che non sono tagliato per gli affari né per la politica.

A pensarci bene, però, ( abbondo anche di però ) il capetto è un bugiardo patologico. Se dice che la sua statura ammonta (sto scrivendo come un ragioniere ) a cm. 171 vuol dire che la sua statura (Oh, ma quante ripetizioni) reale è o cm. 161 o cm. 181
Nel primo caso sono più alto nel secondo più basso.
Sapendo che il naso si allunga di 3 mm. ogni 10 anni il candidato calcoli quanto tempo manca alla rivelazione della vera identità del capetto. Si trascurino gli effetti di bordo e si assuma una temperatura di 300 K.

Il cursore del mouse va un po' dove vuole...dovrò fare una mausefalle anche se non so sciare e comunque cominciare da Kitzbuhel non mi sembra cosa furba.

Fine prova tastiera
Il prof di musica delle medie, per spingere i suoi alunni ad ascoltare la musica, classica in particolare, spiegava che le mucche che ascoltano Mozart fanno più latte.

Impara l'arte e mettila da parte.

Matricola 1788


Per me i numeri sono importanti.
Alcuni me li ricorderò sempre.
1788 rosso in campo bianco, sulle maglie di biancheria intima, sulle mutande, sugli asciugamani.
Servivano alla lavanderia per poter riconsegnare a ciascuno le proprie cose.
Qualche asciugamano con quella targhetta, cucita da mia mamma, lo conservo ancora.
Non avevo ancora 6 anni e avevo voluto andare in colonia.
Che l'avessi voluto io, a quella età, qualche dubbio me lo ha sempre lasciato. Così, però, mi hanno detto e non cambiarono mai versione. E' anche credibile che sia andata così. All'asilo non riuscirono a mandarmi. Tentarono di farlo nonostante le mie urla e l'attaccarmi alle cancellate che si affacciavano sulla strada ma dopo tre giorni, non consecutivi, in cui mi trascinarono in quel posto da cui tornavo con la febbre lasciarono perdere. Fu determinante anche il consiglio del medico che ai miei genitori, preoccupati del fatto che tutti i bambini della mia età andavano all'asilo mentre io mi opponevo con tutte le mie forze e mi ammalavo pure, disse: "Non tutti sono uguali, c'è chi vuole andare e chi no. Tenetelo a casa".
A casa c'erano i miei nonni e la cosa fu fattibile.
Non sono mai stato un bambino viziato e piagnone, impossibile a casa mia, né mai pestai i piedi per ottenere qualche giocattolo o per fare o non fare qualche cosa, un po' per carattere e un po' per l'educazione che stavo ricevendo. Se mi fossi comportato in quel modo avrei sortito l'effetto contrario a quello desiderato. Ma, non saprei spiegare il perché, all'asilo non ci volevo andare al punto di comportarmi in quella maniera per me insolita.
Stranamente non ebbi nessuna difficoltà, pochi anni dopo, nell'inserimento scolastico.
Ammettiamo, dunque, che quel bambino volesse andare in colonia o che, almeno, non avesse validi motivi per non voler andare.
Era una colonia in montagna sopra il lago Maggiore. Fu la sola occasione in cui indossai un'uniforme. Pantaloncini a mezza gamba blu, maglietta a maniche lunghe rossa e cappellino da marinaretto.
Boh!
Sarà stato perché vicino c'era il lago o un tentativo di dar vita ad un reggimento di marineria alpina.
Ero il più piccolo della camerata, il più piccolo in ogni senso. Per di più erano, per la maggior parte se non tutti, cittadini, mentre io, seppur da un paese vicino a Milano, venivo dalla campagna.
La mattina, non so a che ora, ci buttavano giù dal letto, altoparlanti a tutto volume, con la banda la va cantata da Rita Pavone. Se dovessi risentirla quella canzone avrei ancora brividi di paura.
Quando, durante una passeggiata fatta in uno dei primi giorni, mi dissero di mangiare i golia, la nota caramella nera, che stavano per terra ché erano così buoni pensai di aver a che fare con degli stupidi che mi prendevano per stupido e deficiente, per quanto mi possa ricordare dopo così tanti anni. La merda di capra la conoscevo bene. In campagna si sarà molto indietro in tante cose ma la merda la si conosce presto. La pulina di cavallo, gli stronzi di gallina, la buascia delle mucche, i pulinel delle pecore. Mica tutta la merda è uguale, ha anche nomi diversi.
Il sentire questa proposta fatta da bambini più grandi di me mi mise in stato di allarme e cominciai a tenerli a distanza.
Una notte, qualche giorno dopo, uno di loro ebbe la brillante idea di chiedermi se mi avevano già detto che i miei genitori erano morti.
Pianti disperati.
Nonostante l'intervento dei sorveglianti che tentarono di calmarmi e di rassicurarmi continuai a piangere.
Capii che da lì dovevo andarmene.
Non so come, ma mi venne anche la pertosse.
Non mi limitai a piangere. Supplicai.
E' come una fotografia vista attraverso le lacrime, io, nella stanza del direttore con i miei genitori e quest'uomo con la barba nera che mi chiede se voglio veramente andar via:
"Sì".
Sì, perdio, sì, sì, sì!
Mai più divise, mai più uniformi.
Ancora oggi provo odio e vergogna.

martedì, ottobre 13, 2009

Chi l'è minga bon per il re l'è minga bon per la regina




Chi non è buono per il re, non è buono neanche per la regina.

Titolo copiaincollato e ho tolto le maiuscole da re e regina perchè nomi comuni di funzione sociale. A meno che si scrivano con le maiuscole anche idraulico , elettricista, ingegnere...io le maiuscoale a re e regine non le metto.

Questa massima me la diceva mia nonna come se recitasse una filastrocca, non ci credeva, l'aveva sentita da giovane e me la ripeteva terminando, però, con un l'è minga vera.
Sta di fatto che io non avevo proprio nessuna intenzione di buttare via un anno di vita per far giocare qualche demente con le stellette, a svegliarmi la mattina presto per stendere un panno e sopportare dei coetanei o quasi che mi dessero ordini solo perchè erano nati qualche mese prima di me.
Avevo anche considerato di mentire per non fare la leva e optare per il servizio civile ma, oltre a non avere il rifiuto delle armi, mi dissero che sarei stato chiamato dal maresciallo della stazione dei carabinieri che avrebbe cercato di mettermi in difficoltà con argute domande del tipo - ti piace la caccia? ma se arrivano gli stranieri e violentano tua madre...? - Non perchè io sia io, era normale prassi. - Anticipo un po' i tempi. Chi fece il servizio civile mi raccontò poi che, sì, in caserma bisognava andare e la domanda delle 100 pistole te la faceva, magari meno arguta, ma la faceva senza sollevare la testa dal modulo che stava compilando e quasi senza ascoltare. Un dipendente statale che doveva mettere un timbro, insomma. -
Soppesando la perdita che avrei avuto dal fare un anno di leva senza visita al maresciallo dei carabinieri e la perdita del fare un anno di servizio civile con visita scelsi di tentare altre vie, dall'esito insicuro, e cercare di farmi riformare.
Niente soldi. Pagare, corrompere proprio no! A priori.
L'unico appiglio erano i piedi piatti.
Il giorno, uno dei tre della tre giorni, - sto scrivendo in un modo barbaro ma sto parlando di militari, capitemi per favore - della visita davanti al medico, quello che ti palpa lo scroto per sentire se ne hai veramente due e non ne nascondi altri, nello stanzino in cui ci fecero spogliare cercai gli angoli più sporchi, molto facili da trovare, per colorarmi la pianta del piede ed esaltare quella mia piallata caratteristica. Feci anche un paio di prove del défilé che avrei fatto davanti al medico dell'esercito.
Quando fui chiamato - modelle, top model, modelli e modellini invidiatemi! - feci la migliore e unica sfilata della mia vita. Un passo pinnato, a piedi divaricati di 60° - ché di più sarebbe stata una cattiva parodia di Charlot - con l'accompagnamento sonoro delle mie piante che sbattevano sul pavimento.
Confronto agli altri colleghi tregiornisti mi fece alzare i piedi un bel po' di volte, se li rimirò ben bene ma, per almeno una volta nella mia vita, la parte la recitai bene. Avevo anche fatto un ottimo maquillage alle piante del piede, sapevo che lo sguardo ha la sua importanza, e se non erano occhi poco importa. I miei piedi, quel giorno, avevano uno sguardo convincente, antierotico al cubo, questo serviva.
Me lo fecero penare il congedo ma alla fine arrivò.
La regina ora.
Perchè solo una?
Quelle che ho conosciuto meglio sono state due.
Una bianca e una nera.