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venerdì, marzo 30, 2018

Se non è Putin è zar bagnato

E potrei terminare con la sola minchiata scritta nel titolo.
Ma proprio sopporto a fatica gli strenui sostenitori di quest'uomo politico, quelli che non sono russi, ma quelli di casa nostra che, avendo avuto un Renzi (ma abbiano avuto anche un ben peggiore Berlusconi) vorrebbero farci credere che qualsiasi merda che viene dall'estero (Trump incluso, recintatore incluso, stranamente Erdogan escluso) sia migliore della nostra.
Perchè a me del desiderio di grande potenza del cittadino russo che ha tanto sofferto negli anni '90 importa tanto quanto quello dei cittadini inglesi degli anni '30 che vedevano la poderosa flotta imperiale ancorata nelle baie dell'isola e si sentivano protetti (mi pare citata nel secolo breve).
MI IMPORTA UN CAZZO.

sabato, marzo 10, 2018

M5C

Basta vincere le elezioni e si riesce a trasmutare le stelle in cerchi.
Miracoli della politica.

domenica, marzo 04, 2018

4 marzo 2018, election day

La temperatura nella sezione di voto era torrida.
Il presidente del seggio dietro l'urne, ove il sonno della morte è men duro di uno spoglio col voto disgiunto - e in quel paese si votava anche per le regionali e con quel sistema - per l'ennesima volta in quel lungo giorno si apprestava a leggere il numero del tagliando di controllo della scheda elettorale: "576390".
"Ma chi?". Chiese voltandosi verso di lui lo scrutatore addetto all'anagrafica degli uomini.
"Il signor Perego o la signora Brambilla". Rispose il presidente.
La signora Brambilla si affacciò dalla cabina numero 4 e, con un'espressione tra l'incuriosito e il preoccupato, agitando una mano, disse: "Ma io sto ancora votando".
"Allora è il signor Perego. 576390".
"576390". Rispose pronto lo scrutatore annotando qualcosa su un registro.
Il presidente diede una scrollata alla testa e infilò la scheda nell'urna. Le gocce di sudore caddero su una montagnola di tagliandi antifrode deposti su un lato del tavolo, già umidi, e qualcuna volò addosso al signor Perego, il quale da diversi minuti stava aspettando immobile, dopo aver votato nella cabina 3.
Le gocce che lo colpirono in faccia lo risvegliarono e smise di fissare la propria carta d'identità, che teneva aperta in mano per controllare che il signor Perego fosse effettivamente sè stesso.
"52389..."
"Aspetta, sto scrivendo il numero della carta d'identità di chi è in fila":
"Non dicevo a te"
"A me? Ma io sto ancora aspettando i numeri della signora Brambilla". Disse lo scrutatore addetto alle donne.
"Sono ancora in cabina. Mi ci vuole il tempo che ci vuole, un attimo di pazienza per favore". Parlò con voce leggermente alterata la signora Brambilla.
"48763"
"E questo chi é"?
"È il numero della signora Colombo".
La signora Colombo, che intanto era uscita dalla cabina 1, mollò uno schiaffone al presidente del seggio e, molto irata, urlò: "Screanzato, quasi neanche ci conosciamo e già dice che ha il mio numero"!?
"Ma no! Il numero della scheda, non della scheda telefonica. 48763 4678999 57897 39809866".
"9866??? Ma uomini o donne"?
"5789348"
"4288908"
"In che cabina"?
"La 3".
"458796, 5679, 56386, 4".
"Ma documento, camera, senato o cabina"?
"47876... basta, per favore basta...576889 4577625 8 56566 2497... basta, basta, basta...752359..."
Alla sudorazione del volto del presidente, che aveva ormai raggiunto livelli quasi temporaleschi, si aggiunsero le lacrime. Nella pozzanghera di sudore e lacrime, che si era formata sotto il tavolo sopra il quale stavano le urne, le schede e le scartoffie, il muschio attecchiva e cresceva velocemente mentre gli acari sguazzavano felici.


Per gli scrutatori, segretari e presidenti di seggio, che da stamattina alle 7 fino a notte fonda saranno costretti a dare i numeri, non fiori, ma opere di bene.

Tentativo di voto

Un'oretta fa sono andato ai seggi per votare, ma c'era troppa fila ed io ero abbastanza di fretta.
Ci tornerò dopo pranzo.
Nello zizzagare tra le file che ingombravano il corridoio, il seggio in cui voto è l'ultimo in fondo, e i rallentamenti per far passare chi usciva ho sentito una voce che diceva: "Tanto non cambia niente".
Mi piacciono queste cose che mi ricordano l'infanzia. È stato un po' come quando da bambino mi mandavano a messa e a un certo punto sentivo: "Kyrie eleison".

sabato, marzo 03, 2018

Qualche foto di Gorgonzola con la neve














Dichiarazione di voto

Vediamo il medioevo con gli occhi dell’ottocento.
Quando, anni dopo averlo visto dal vero, ho saputo che le travi del tetto del duomo di Colonia sono in ferro, sul momento credetti che fosse una scelta recente. Con tutti i bombardamenti che ci furono in Germania durante la seconda guerra mondiale non mi risultava per niente strano che anche quella chiesa potesse essere stata quasi rasa al suolo e successivamente ricostruita con tecniche moderne.
Invece no.
Le travi sono originali e risalgono al tempo della sua costruzione. Questo perché la maggior parte di quell’edificio, comprese le altissime torri della facciata in stile gotico missilistico, è un’edificazione dell’800.
La stessa Notre Dame ha contribuito a formare questo medioevo immaginario che è quello che noi, tuttora, vediamo. I gargoyle, quei doccioni mostruosi che fanno la felicità degli scenografi quando devono mettere in scena quello spettacolo tratto dal romanzo di Hugo, anche questo ottocentesco, sono un’aggiunta di un restauro del XIX secolo. Nel medioevo non c’erano.
Gli strumenti di tortura e quei divertenti oggetti che sono le cinture di castità, per la maggior parte, sono anche loro frutto dell’immaginazione ottocentesca.
Certe immaginazioni sono così ben fatte e potenti che si trasformano, nel tempo, in immagini che lottano ad armi pari con quelle che sono reali (per quello che riusciamo a sapere) e a volte vincono, sostituendo la realtà con la fantasia.
Succede anche con le parole.
Alcune espressioni sono tanto azzeccate da durare decine, centinaia d’anni e vengono spesso usate, magari con significati diversi. Ma il loro utilizzo fa sì che rimangano vive.
Pensate “alla discesa in campo” che ha travalicato il significato originario militare-sportivo e viene utilizzata nell’ambito della propaganda politica. Oppure il “fare squadra”, sempre sportivo, che viene utilizzato in svariati campi.
Altre espressioni, invece, hanno minor fortuna. Vivono quasi dimenticate nei libri e saltuariamente escono a fare un giro, vengono strombazzate per un breve periodo e poi ritornano a dormire sulle pagine da cui sono uscite.
Un esempio potrebbe essere un’espressione come “scendere nell’agone politico”. Sì è sentita per qualche anno ma adesso riposa tranquillamente.
Anche perché, credo, al mercato e nelle fiere, dove si scambiano merci e informazioni, il fine dicitore sostenitore del primato della politica non è molto considerato. In quei posti la gente è più attenta a controllare che il fruttivendolo non metta il dito sul piatto della stadera e parole come “agone” richiamano alla mente solo altre parole come “magone” e “iniezione”. Penso siate d’accordo con me se vi dico che un’iniezione fatta con un agone fa venire il magone. Meglio dimenticarsela in fretta quella brutta parola.
In quest’ultima campagna elettorale c’è stata un’unica parola che è stata usata più delle altre.
Questa parola è “argine”.
C’è chi si presenta come “argine” contro il menefreghismo, altri come “argine” al benaltrismo, altri ancora volevano arginare tutti gli altri “argini”.
Un’invasione di argini.
Ma siamo ancora in inverno, nevica, alle alluvioni ci penserò al disgelo.
Mi chiedo solo, dopo aver costruito tutta questa molteplicità di argini, questi argini degli argini e argini sugli argini, l’acqua per far girare i mulini dove l’andremo a pescare?
Buon voto!

P.S.
Per quanto sembri incredibile, invece, le mutande di ghisa sono utilizzate da ben prima dell’età della pietra. Mi raccomando, indossiamole sempre.