L'immagine che ho da bambino del calcio, il football o il folbar come si dice qui, è quella di omini grigi che corrono in un campo grigio dietro il vapore che saliva dal bollito e dalle verdure lesse che spesso erano la cena della domenica. Un'immagine triste, non mi è mai piaciuto molto il calcio e nemmeno il lesso. Anche quando raggiunsi l'età per giocare in strada proponevo sempre altri giochi, arrivai ad organizzare le olimpiadi pur di fare qualcosa di diverso dalle solite partitelle.
Dal momento che non mi piaceva non arrivai mai, né cercai di arrivarci, ad avere un buon controllo di palla. Con la palla ci litigavo, cioè, non ero completamente imbranato come chi non ha mai giocato a pallone, ma era una lotta tra me e la palla; la maggior parte delle volte vinceva lei ma capitava anche che vincessi io.
Tra i 20 e i 30 anni circa feci parte di una squadretta, niente di ufficiale, nessuna federazione sportiva, si partecipava a qualche torneo tra bar o altri gruppi di amici dei paesi vicini... Noi eravamo la biblioteca e avevamo la divisa del Brasile.
Perchè giocare in una squadra se non piace il calcio?
Perchè comunque si corre.
Perchè non me ne fotteva niente e dunque avevo probabilità di incazzature quasi nulle.
Perchè giocavo in difesa - quelli bravi stanno davanti ed è una cazzata tremenda - e potevo legalmente falciare qualcuno se m'incazzavo.
Perchè occupa meno tempo che andare in bicicletta, cosa che tuttora mi piace fare.
Perchè non sapendo giocare con i piedi devi giocare con la testa. Sempre scansati i colpi di testa, ma giocavo con la testa.
La parte più interessante è lo spogliatoio - NO, non durante la doccia - e le rivalità che al suo interno si creano.
Dal mio punto di vista, che non cercavo la "carriera", non cercavo di diventare il leader di 5 persone contro le altre 5, ma ero là solo per fare un po' di sport e per cercare di sfogarmi e divertirmi, vedere le trame che venivano tessute nell'ombra per non far giocare quello o per far decidere la formazione ad un altro sono state tra le cose più divertenti e interessanti a cui mi è capitato d'assistere; quasi una ricerca etnografica sul campo.
Quanto certe persone siano disposte a spendere, in tempo, telefonate, in scompensi emozionali per avere come ritorno solo una carezza al proprio ego, alla propria autostima, più che capirlo l'ho proprio visto in quella situazione.
Mi capitò anche di arrabbiarmi nonostante il mio disinteresse. Dopotutto, seppur ai margini, facevo parte di un gruppo. Certi atteggiamenti di supponenza, anche in una situazione stupida come quella di una partita di calcio, faccio fatica a sopportarli.
C'era in squadra un tizio che aveva giocato, anni prima, in serie C. Piedi buoni ma niente testa. Era consapevole del fatto che con la palla era un mago rispetto alla media e questo lo faceva pesare. Sono quelli che si notano quelli con i piedi buoni, è la componente principale, ma non l'unica, nel gioco. Sono quelli che fanno esclamare ma com'è bravo. Ed è vero. Ma non aveva testa. Testa inteso solo come visione di gioco. Era sempre nella posizione sbagliata, prendeva palla quando non doveva prenderla, scartava anche il disco del centrocampo, dava la palla a un compagno a simpatia e criticava tutti.
Con me fece l'errore di non chiedermi una cosa, peraltro stupida, guardandomi negli occhi.
Era ad un paio di metri da me e senza guardarmi disse ad un nostro compagno di squadra indicando me con un dito:
"Digli di giocare due metri dietro".
Eh no!
Se sti sto al fianco e mi devi dire qualcosa tu parli con me.
Appena presi palla, lo guardai, e platealmente passai la palla ad un avversario:
"Va bene così"?
Gli dissi a labbra tese.
Rispose di no ma da quella volta non si permise più di mancare di rispetto.
Anni dopo vidi un film sul baseball in cui Kevin Kostner fa qualcosa di simile.
Forse sarei potuto essere un discreto soggettista cinematografico.
Ogni cosa ha un prezzo e uno sport violento come il calcio mi costò l'interruzione a cintura blu della "carriera" di karateca. Una settimana prima dell'esame di cintura marrone mi feci male alla caviglia su un campo di calcio.
Peccato.
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