L'anno dopo i nuovi professori mi dissero, e lo dissero anche a mia madre durante i colloqui, che sarei stato ammesso alla maturità anche se non fossi andato a scuola, perché quello che mi avevano fatto non aveva motivo. Nel piccolo della mia esistenza il non essere ammesso alla maturità era enorme. Sapere che non lo era solo per me, rese quell'anno di scuola, inutile dal punto di vista didattico, un anno divertente.
Nonostante questo, per dimostrarmi e per dimostrare agli altri che quello che mi era successo era solo un brutto incidente, studia lo stesso e non meritai nessuna insufficienza nel giudizio finale. Al primo quadrimestre sì, mi ritrovai un 5 in pagella in scienze per una cosa che poteva essere un banale equivoco a cui non mi fu dato modo di rimediare. Non tutti i professori erano gentili con me, e quella di scienze, nonostante consentisse con gli altri che avrei dovuto essere stato ammesso l'anno prima, davanti all'evidenza del fatto che comunque non ero stato ammesso e, dunque, o ero criminale o una bestia, non mancò di farmelo notare alla prima occasione. Davanti alle mie rimostranze per quel brutto voto, anzi, alle nostre, perché non fui il solo, non alzò nemmeno gli occhi per guardarci e con una smorfia ci fece capire che per lei valevamo men di zero. Il mio compagno cambiò scuola. Io lì ero entrato e da lì dovevo uscire. Alla fine dell'anno non avevo insufficienze, ma mi ero reso conto che ero stato marchiato.
Ritornando al 1981, l'anno maledetto per me e solo per me, lo ricordo con queste parole : "Ai cavalli, quando si azzoppano, si usa la cortesia di sparargli in testa per non farli soffrire. A me, che zoppicavo, spararono nelle gambe".
Quell'anno fece di me, che ero già piuttosto riservato, ma non patologicamente timido, un uomo incapace di avere normali relazioni. Da allora quando incontro persone nuove percepisco solo un possibile nemico e, senza che lo voglia, bado solo a difendermi. E la miglior difesa è mantenere le distanze.
Questo non è e non vuole essere un verbale della mia esistenza. Non è una memoria difensiva in cui racconto la "mia" verità in assenza di contraddittorio. Sono solo le mie impressioni.
La mia principale impressione, ormai sulla soglia del mezzo secolo di vita, è che la sfiga, il lato negativo del caso, l'evento sfortunato, ha cambiato come io vedo il mondo al punto da cambiare me stesso; ha cambiato i miei comportamenti, in peggio. Ma non ha cambiato il mio orgoglio, al punto da buttar via buone occasioni solo perché l'accettarle avrebbe significato un passo indietro, e quel passo indietro avrebbe reso quello che mi era successo qualcosa di accettabile. Posso imparare dalle sconfitte, ma quella non fu una sconfitta. Accettarla sarebbe stato come accettare una capitolazione, e le capitolazioni non si accettano, si subiscono solamente.
Mi ha lasciato un'altra cosa, che si è acuita col tempo. Ho un'ammirazione sconfinata per quelli che ce l'hanno fatta nonostante il loro fato sia stato avverso, ma non sopporto la sicumera dei primi della classe.
Sì, sfigati non si nasce solamente, si diventa anche.
Sfigato, nonostante non lo appaia, forse non lo sia del tutto, è una parola che odio.
Nonostante questo feci delle belle vacanze quell'anno.
(continuazione)
ore 15:45 Arrivo a Grosseto (poi non tanto grosso). L'autostopo non è uno sport salutare per i nostri reumatismi.
ore 17:29 Direzione Orbetello.Giungiamo in stazione senza episodi degni di nota. Saliamo su un pseudo pulmann, specie di polmone d'acciaio per comitive a 4 ruote e giungiamo a Porto S. Stefano.
ore 19:30 Il traghetto parte per l'isola del Giglio mentre il cielo comincia a oscurarsi.
ore 20:30 circa. L'isola ci accoglieva con ottimi auspici di vacanze e di sole. Il cielo era praticamente nero.
Ancor meglio ci accolse il direttore del campeggio che ci intimava l'alt mostrandoci un cartello bianco con una sintetica ed esauriente parola "COMPLETO".
Dopo qualche ora di inutili trattative minacciammo di incendiare la pineta nelle vicinanze con gravi conseguenze economiche per il suddetto Cerberone che con uno sguardo d'improvvisa umanità ci spalancava le porte del campeggio a scapito delle regole d'igiene.
ore 21:20 Trovato un posto non esaltante cominciamo l'ardua impresa di montare la tenda al buio con scarsi successi. Alla fine stremati dal sonno, dalla fame e dalla disperazione stortiamo con qualsiasi arnese che ci capiti in mano gli ultimi picchetti e infiliamo i nostri corpi in una specie di mongolfiera semisgonfiaaddormentandoci subito.
25 luglio sabato
Primo bagno e prime ferite ai piedi. Acqua stupenda. Cessi del campeggio antigienici schifosi. Vita di sera nulla. L'isola non ci entusiasma. Siamo occupati 24 ore su 24 in una strenua lotta contro un'orda di formiche. Formiche la cui avanguardia ha conquistato abside (la parte posteriore della tenda). La tenda è seminata di cadaveri formici. Di notte il vento quasi faceva decollare la nostra mongolfiera.
26 luglio domenica
Ormai è imminente l'arrivo della truppa. Intanto Marco e Amilcare slandronano beatamente in tenda per non rischiare pericolose scottature.
ore 19:47 Scazzium tremendo. Tira un ventaccio mentre aspettiamo ancora, sono già in ritardo di quasi 4 ore. Non sappiamo che fare. Tremenda la noia sta calando su di noi mentre il vento mette a dura prova la resistenza della tenda e il mare si ingrossa sempre più.
ore 19:47 Scazzium tremendo. Tira un ventaccio mentre aspettiamo ancora, sono già in ritardo di quasi 4 ore. Non sappiamo che fare. Tremenda la noia sta calando su di noi mentre il vento mette a dura prova la resistenza della tenda e il mare si ingrossa sempre più.
FINE
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