Spostiamoci indietro nel tempo e fermiamoci in quegli anni a cavallo tra il XIX e XX secolo.
Il luogo è Gorgonzola. Un paese, a quei tempi, di circa 5000 abitanti. Ora sono il quadruplo.
Mio bisnonno Paolo, allora, è un uomo tra i trentacinque e quarantacinque anni, taglialegna, non arriva al metro e ottanta ma per quei tempi è alto. Appartiene alla prima generazione nata nel Regno d'Italia, è analfabeta e non parla italiano. Un po' lo capisce, ma quando, un giorno, in un negozio del paese entrano due forestieri che gli chiedono se ci fosse del prezzemolo è costretto ad andare nel retrobottega per farsi spiegare, da dei parenti più giovani, che il prezzemolo sono gli
erburin.
La pasta la conosce, ma la base alimentare è ancora la polenta con l'aringa. Quando uccidono un pollo lo vendono e con il ricavato comprano le aringhe, anche perchè sono facilmente divisibili.
In una famiglia numerosa come si può dividere un pollo?
A chi il petto, a chi la coscia?
Con l'aringa è tutto più semplice, basta tagliarne dei pezzi più o meno uguali perchè sia rispettata l'equità.
Quando vuole comprare un toscano va in tabaccheria e lo paga con un uovo.
Oltre che a tagliare alberi, mestiere che fa soprattutto d'inverno, è contadino; coltiva della terra di proprietà della contessa, l'ultima discendente dei feudatari di questo paese.
Oltre a versare al padrone della terra una parte del raccolto era usanza portare dei doni in occasione di non so quale festa, forse prima del Natale.
A mio bisnonno questo "regalo" non piace, già paga il dovuto e non è poco, ma non può fare nulla per opporsi.
Immaginiamo la scena.
Paolo ha caricato l'asino con i "doni" ed è molto arrabbiato, forse l'asino s'impunta, non va veloce come vorrebbe. E' un'ottima occasione per sfogare la sua rabbia, comincia a picchiare l'asino, sempre più violentemente.
Dalla finestra del palazzo la contessa vede un contadino che picchia un animale, lo picchia in una maniera eccessiva; un animale che picchia un altro animale.
La contessa chiama un suo servitore e gli chiede chi fosse quel contadino tanto violento. Il servitore glielo spiega.
"Vada giù e dica a quel contadino che i suoi regali non li voglio, non voglio regali da quel violento". Dice la contessa al servitore.
L'uomo scende, blocca Paolo, gli dice di tornarsene a casa che i suoi regali non sono graditi.
Mio bisnonno si spaventa. Il rifiuto dei doni poteva essere il preludio alla sua cacciata da quella terra che coltivava, dalla casa. Il solo lavoro di taglialegna non bastava a sostenere tutta la sua numerosa famiglia.
Ad attenderlo a casa c'è sua moglie, bisnonna Regina, un donnina piccola ma dura. Quando i suoi figli la facevano arrabbiare attendeva che si addormentassero nel letto, gli levava le coperte e li bastonava.
Paolo entra in casa e ha una brutta faccia, Regina chiede cosa è successo. Lui gli spiega dell'asino e del rifiuto dei doni, delle sue paure.
Regina sente una cosa sola e gli chiede:
"Allora la forma di formaggio e tutte le altre cose non le ha volute perchè hai picchiato l'asino e le hai portate indietro"?
"Sì, e adesso io non so...". Regina non gli fa finire la frase e sentenzia:
"L'anno prossimo uccidi l'asino". In dialetto: "
L'an che vegn cupa l'asan".
Cosa c'entra la merda in tutto questo?
Fra i vari compiti, le corvée, che i contadini avevano verso i feudatari c'era quello di svuotare il pozzo nero della casa padronale.
Il contenuto del pozzo veniva poi sparso nei campi, diventando un concime e, come tale, con un proprio valore commerciale.
Oltre a metterci il lavoro per svuotare il pozzo i contadini dovevano pagare anche quella.