Ci ho pensato tutto il week end -non è vero- e ho riconsiderato la chiusura di questo blog per utilizzarne un altro. Ha più svantaggi che vantaggi.
Dunque lo riconverto.
Ho salvato il template, il layout o come diavolo si chiami, e integro questo con l'altro, mi basta mettere un link.
Roba da fare di qua:
Ingrigire il bianco del testo
forse ridurre la larghezza del testo
varie ed eventuali
Tanto ho cominciato a scrivere di là, anche se mi sto ancora divertendo con qualche programmino di grafica. No, scriverlo da capo proprio no. Tanto il format dei vari template è più o meno sempre lo stesso Magari correggere alcune cose, se proprio necessario, una volta che ho messo insieme qualcosa che mi piace.
questo blog lo chiudo, è incasinato, è nato solo come contenitore di un po' di file quando mi si stava rompendo l'hd. Successivamente l'ho usato come blog.
ne vorrei aprire un altro, mi dispiace cancellare questo, e sto cercando di farmene uno a mia misura. non sarà molto diverso da questo, ma lo apro come blog, non come memoria virtuale gratis.
credo che sarà questo crypta ma sto ancora provando, vorrei tenere alcune cose, alcuni argomenti, separati.
datemi un po' di tempo, please.
grazie
P.S.
è vero che ho momenti di demoralizzazione, ma di scappare del tutto non l'ho mai pensato. quantomeno continuerei a leggere. sul commentare è un po' un casino. sarò io che ho un'intelligenza sociale prossima allo zero...ma un forum è chiaro, lo dice la parola stessa, è una piazza. sono in piazza, dunque se parli tu parlo anch'io...c'è il vigile della piazza che se bestemmio mi multa ( mi bandisce, che non ho mica capito perchè si debba dire bannare che vuol dire la stessa cosa).
Il blog è più subdolo, da capèire intendo. è roba mia ma la metto in piazza. quella degli altri è roba loro, ma è in piazza.
Insomma...avere la casa in piazza è un po' da baraccati. Non è chiaro dove finisce il privato e dove inizia il pubblico. Nonostante ognuno decida da sè cosa scrivere
Io non ho la minima idea di cosa farci con sto spazio. In attesa di scoprilo, se mai lo scoprirò, ci cazzeggio un po'. Così, come viene, viene.
Non so perchè ci sono due canzoni che mi sono entrate dentro dal primo momento che le ho ascoltate, entrambe per caso, non cercandole. E anche qua non so il motivo. Non è solo la musica o il solo testo. Ogni tanto mi viene voglia di ascoltarle. Le ascolto e le riascolto.
Boh... Le sole cose che mi fanno un effetto simile sono il suono dell'organo e, quando lo vidi, il Mosè di Michelangelo.
Mi raccontano i miei che durante la mia prima visita a Roma ad un tratto non mi videro più. Avevo sentito suonare un organo ed ero corso dentro la chiesa. Mi videro in mezzo al Pantheon, ascoltavo in estasi. Cazzo, se stavo bene! Sarà che mi sentivo a casa...un po' tirata questa :-) Ora me lo può raccontare solo mio padre.
A cinque anni ho rischiato d'annegare. S'era formata una buca sulla spiaggia sassosa di Bordighera, dove un torrente sfocia nel mare dopo essere passato sotto un arco del viadotto della ferrovia, o della strada. Aveva lasciato scoperto, sopra quella buca, un tubo metallico di un mezzo metro di diametro che, con un po' di equilibrio, veniva utilizzato per arrivare alla riva del mare rapidamente, senza dover fare il giro intorno a quella buca. Una sera i miei mi fecero promettere di non muovermi, dovevano assentarsi un attimo. Ma come potevo resistere dal passare su quel tubo e presentarmi davanti ai miei tutto solo? E guardate che bravo figlioletto avete fatto che se la cava da solo! Scivolai e non sapevo nuotare. La buca, dalla parte del viadotto, aveva una parete in cemento; non so...forse il plinto di un pilastro o qualche opera idraulica su quel torrente. Mi ricordo tutti colori delle alghe, gialle e verdi, le incrostazioni nere e brunastre di non so che, che c'erano su quella parete. Andavo su e giù nell'acqua e guardavo. Qualcuno mi tirò fuori. Avevo paura di quello che potevano farmi i miei perchè avevo disubbidito. Furono contenti di vedermi vivo. Mi ci volle un corso di nuoto, l'ultimo anno delle elementari, per imparare a nuotare. Per anni ho avuto paura dell'acqua.
Era tutto il pomeriggio che provavo ma non c'era nulla da fare. Tiravo il sasso ma non c'era verso di farlo rimbalzare. Appena toccava l'acqua faceva un po' di schizzi e poi affondava.
Il sole stava tramontando dietro gli alberi che costeggiano la riva dell'Adda, mancava poco al ritorno a casa. Nel greto del fiume di sassi ce n'era una grande scelta e trovare quelli piatti ma non molto pesanti, adatti per essere lanciati, con la giusta angolazione, e farli rimbalzare sul pelo dell'acqua, non era un problema. Per tutto il pomeriggio avevo osservato i lanci di mio cugino. Riusciva a farli saltare molte volte. Il primo salto lungo, il secondo meno, fino agli ultimi rimbalzi, ravvicinati, tanto che sembrava che il sasso si rifiutasse di perforare la superficie e, quasi stesse sciando sull'acqua, volesse darsi una spinta per saltare ancora. Per tutto quel pomeriggio avevo provato anch'io. Niente.
Avevo in mano uno di quei sassi piatti quando lo zio ci chiamò. Era ora di tornare a casa. Non c'era quasi nessuno, oltre noi, sul fiume. Mi prese un attimo di sconforto. Non ero riuscito a far saltare neanche un sasso. La rabbia mi salì dalla pancia e arrivò al braccio. Con un gesto di stizza, senza guardare, buttai via quel maledetto pezzo di pietra. Lo vidi con la coda dell'occhio il primo rimbalzo. Lunghissimo. La rabbia si mutò in gioia, rapidamente come un lampo. Il secondo, bellissimo. E il sasso era ancora tanto veloce da poterne fare di salti! Il terzo... No! No, fermati! Il terzo finì poco sotto il sopracciglio di mia cugina.
Il ritorno a casa furono una decina di chilometri d'insulti mentre me ne stavo rannicchiato, guardando fuori dal finestrino, sul sedile posteriore di una topolino, una delle ultime ancora in circolazione.
Me l'ha segnalata un mio amico. E' del 2008, credo, ma la metto lo stesso perchè la trovo interessante. A voler fare il precisino sostituirei la parola "lavoro", che Agosti usa nell'intervista, con "vendita del lavoro". C'è molto altro. Sono 5 pezzi, metto solo il primo. Gli altri con youtube si trovano immediatamente, oppure, quando sta per finire un pezzo, appare sullo schermo un tasto da premere per fare iniziare il prossimo.
Non era una macchina perfetta. Tantomeno una macchina superlativa. Era una macchina normale. Ad un esame esterno non presentava difetti di costruzione e qualcuno si spingeva a dire che avesse una discreta carrozzeria. Qualcosa, però, doveva essere andato storto durante il processo di costruzione. Già nei primi tempi di funzionamento presentava delle caratteristiche non desiderabili che ne avrebbero sempre di più compromesso un regolare funzionamento. Ancora nella fase di caricamento del sistema operativo risultava difficoltoso conneterla al bus del sistema sociale e difficile era anche interfacciarla con le altre macchine della sua generazione. Nonostante questo nessuno volle demolirla. Giace in garage in attesa di chissà che, chi o cos'altro.
Mi svegliai molto presto quella mattina, mezzo dentro e mezzo fuori dalla tenda. La mia pancia chiedeva con urgenza di essere svuotata. Mi ci volle qualche momento per capire dov'ero e trovare l'uscita. Il mio corpo giaceva proprio sulla soglia, il tronco all'interno e le gambe distese all'esterno, sui sassi di quell'insenatura. Ero proprio crollato la notte prima! Che ore saranno state? Che ore erano adesso? Non avevo dormito più di tre ore e mezza. Presi il rotolo della carta igienica e salii sul versante del promontorio, dove gli alberi erano più fitti.
Dopo che fui tornato dal bosco, attesi che i miei amici si svegliassero. Non feci un'abbondante colazione.
Quel giorno, per alcuni di noi, era l'ultimo di una vacanza durata un po' più di una settimana. Io e gli altri saremmo partiti l'indomani; treno fino a Genova e poi autostop per Milano.
Fu una vacanza bellissima. Le Cinque Terre a piedi. La via dell'amore, qualche giorno trascorso in un'insenatura insieme a dei nudisti ed a un gregge di capre, che scacciavamo con le forchette; una notte passata in una casetta nel bosco, vicino a Monterosso, che battezzammo la casa del doganiere, ricordi di Montale, mentre fuori infuriava una tempesta. Eravamo un gruppo di compagni di scuola e amici d'infanzia, ragazzi e ragazze, un po' più di una decina. Zaino in spalla, qualche tenda, dove trovavamo spazio ci accampavamo. Un paio di giorni in un campeggio organizzato.
Di quella mattina conservo solo due ricordi. Il risveglio e quello di un ragazzo seduto su una panchina della stazione di Levanto in uno stato quasi comatoso. Io.
Quando arrivò il treno cominciarono i saluti. Io ero sempre rannicchiato su quella panchina. Tra amici si può essere informali senza essere offensivi, tanto più quando questa informalità non è cercata ma conseguenza di uno stato alterato. L'ultima che si avvicinò a me fu lei. E questo me lo ricordo bene. Si chinò e senza dire nulla posò le sue labbra sulle mie. Fu questo che mi svegliò. Era insolito come saluto, non erano i soliti baci sulla guancia che mi aspettavo. Poi mi sorrise e disse: "Dobbiamo avere altre storie io e te". Il treno partì.
La sera del giorno prima, l'ultima sera che saremmo stati tutti insieme, decidemmo di ubriacarci. Comprammo un po' di fiaschi di un vino bianco locale e, in una zona un po' periferica del lungomare di Levanto, cominciammo a bere. Un sorso, poi un altro e la realtà cominciò ad apparire diversa. Tra di noi c'era un amico che non beve vino, non un astemio, non gli piace il vino e quella sera preferì non comprare nulla di diverso e rimanere sobrio. Cose che appartengono ai miei ricordi, confusi come un sogno, mi furono confermate da lui. Qualcuno che canta a squarciagola Roxanne dei Police. Uno di noi che fa lo slalom tra i lampioni del lungomare finché non ne centra uno. Io che insulto gli occupanti delle macchine che si fermano a guardare quella compagnia di ubriachi e l'amico che mostra il coltello che tiene alla cintola per scoraggiare eventuali malintenzionati; c'erano le ragazze, era quello che li attraeva. Mi confessò anni dopo che quella sera per lui fu un incubo.
Il vino finì ed il buon pastore ci radunò e, correndo avanti e indietro affinché il gregge di avvinazzati non si disperdesse, ci portò fino all'accampamento. Avevamo piantato le tende sopra i sassi di una insenatura isolata. Per raggiungerla si dovevano percorrere due gallerie della vecchia ferrovia abbandonata, buie di giorno, figuriamoci la notte. Le percorsi, quella notte, abbracciato a due ragazze, lei e un'altra, facendo discorsi profondissimi. Così dice il mio amico. Qualcosa mi rimane in memoria di quella passeggiata, ma nulla di quello che dissi. Arrivati all'insenatura bisognava scendere da una scarpata per arrivare alle tende, che si trovavano abbastanza vicino alla costa. Fu un'impresa non facile per questo mio amico trasportarci, non so come, giù dal dirupo.
Mi rivedo seduto sui sassi. Abbracciati, io e lei. C'era la luna che si rifletteva nel mare. Il suono della risacca. La brezza della notte.
Un po' prima del crollo lei mi disse: "Stai attento a non vomitarmi addosso". Poi il buio.
La canzone è stata composta dal cantautore catalano, ma sarebbe meglio dire musicista, Lluis Llach nel 1968. Nel 1978 è stata adattata in polacco dal cantautore Jacek Kaczmarski, che l'ha intitolata mury, in italiano significa muri.
L'avi Siset em parlava............................Il vecchio Siset mi parlava de bon matí al portal.............................di buon'ora sul portone mentre el sol esperàvem...........................mentre aspettavamo il sole i els carros vèiem passar.........................e vedevamo passare i carri
Siset, que no veus l'estaca.......................Siset, non vedi il palo on estem tots lligats?............................al quale siamo tutti legati? Si no podem desfer-nos-en.........................Se non riusciamo a liberarcene mai no podrem caminar!............................non potremo mai camminare
Si estirem tots, ella caurà.......................Se tiriamo tutti insieme cadrà i molt de temps no pot durar,.....................e non può durare a lungo segur que tomba, tomba, tomba.....................di sicuro cade, cade cade ben corcada deu ser ja............................già dev'essere ben marcito
Si jo l'estiro fort per aquí......................Se io tiro forte di qui i tu l'estires fort per allà,.....................e tu tiri forte di là, segur que tomba, tomba, tomba,....................di sicuro cade, cade cade i ens podrem alliberar............................e potremo liberarci
Però, Siset, fa molt temps ja,....................Però, Siset, è già passato molto tempo les mans se'm van escorxant,......................e le mani mi si stanno scorticando i quan la força se me'n va........................che a volte le forze mi abbandonano ella és més ampla i més gran......................diventa più spesso e più grande
Ben cert sé que està podrida......................Lo so bene che è marcio però és que, Siset, pesa tant,....................ma il fatto, Siset, è che pesa tanto que a cops la força m'oblida......................che a volte le forze mi abbandonano Torna'm a dir el teu cant:........................Tornami a ripetere la tua canzone
Si estirem tots, ella caurà.......................Se tiriamo tutti insieme cadrà i molt de temps no pot durar,.....................e non può durare a lungo segur que tomba, tomba, tomba.....................di sicuro cade, cade cade ben corcada deu ser ja............................già dev'essere ben marcito
Si jo l'estiro fort per aquí......................Se io tiro forte di qui i tu l'estires fort per allà,.....................e tu tiri forte di là, segur que tomba, tomba, tomba,....................di sicuro cade, cade cade i ens podrem alliberar............................e potremo liberarci
L'avi Siset ja no diu res,........................Il vecchio Siset ormai non dice niente mal vent que se l'emportà,........................se l'è portato via un vento cattivo ell qui sap cap a quin indret.....................lui sa verso dove i jo a sota el portal.............................ed io sono ancora sotto il portone
I mentre passen els nous vailets..................E quando passano i nuovi ragazzi estiro el coll per cantar.........................Alzo la voce per cantare el darrer cant d'en Siset,........................L'ultimo canto di Siset, el darrer que em va ensenyar......................l'ultimo che mi insegnò
Si estirem tots, ella caurà i molt de temps no pot durar, segur que tomba, tomba, tomba ben corcada deu ser ja.
Si jo l'estiro fort per aquí i tu l'estires fort per allà, segur que tomba, tomba, tomba, i ens podrem alliberar.
Facciamo finta che sia un tema. Siamo a scuola, giornata di compito in classe. Quanto tempo è passato dall'ultimo compito in classe! Facciamo anche finta che tra le varie tracce ci sia il tema libero. Parla di quello che vuoi, basta che non commetti strafalcioni, che segui un filo logico. Cosa scriverei se avessi tre ore, o due, per svolgere questo tema? Mi trovo seduto al banco e devo decidere cosa scrivere. Non che abbia mai avuto difficoltà a fare questo. Solo durante la prova d'italiano all'esame di maturutà mi è capitato di avere un vuoto di idee. E non perchè fosse l'esame di maturità. La maturità la ricordo come una perdita di tempo. Nulla di più, nulla di meno. Forse era per quello che mi era successo l'anno prima. Ero un po' nervoso, certo, ma mi sentivo talmente in credito con quella scuola, ero in credito con quella scuola, che è stato l'anno, l'ultimo, più divertente tra quelli che trascorsi in quel liceo. Già. Tra le cose che mi mancano, anche se non ne sento la mancanza, mi manca e basta, non fa parte dei miei ricordi, c'è quella paura, ma è anche l'attesa di cominciare a scrivere un nuovo capitolo della propria vita, dell'esame di maturità. Sì, l'ho già scritto in questo blog, riuscii a battere il record negativo della valutazione in un tema, ma, in quel caso, non si trattò di valutazione, fu una fucilazione, per di più alle spalle. Blog...se avessi scritto questa parola in un tema degli anni '70 e '80 mi avrebbero ricoverato in manicomio.
Ad essere sincero ho più ricordi degli Aristogatti che vidi alle elementari di quelli che ho della maturità. Chissà perchè mi vengono in mente gli Aristogatti? I gatti mi piacciono, certo. Son animali con cui vado d'accordo. Non ti corrono incontro e non bisogna corrergli incontro. Mi riesce naturale. Ci si guarda, al primo incontro, ci si "annusa", si fa un passo, perchè siamo curiosi io e i gatti, si aspetta che l'altro faccia un altro passo, piano, non c'è fretta. E quando siamo tanto vicini da potersi toccare si aspetta ancora, bisogna essere convinti di non aver davanti un nemico, che è già qualcosa, e solo allora, sempre pronti alla fuga però, si può azzardare un contatto.
Non ho un'avversione verso gli OGM. So che il frumento più usato in Italia deriva da una mutazione genetica, casuale, ma comunque provocata da irradiazione. So che le specie vegetali alimentari che troviamo al mercato provengono da un processo di produzione industrializzato che comincia con un seme artificialmente ibridizzato.
Quello che mi preoccupa degli OGM è principalmente una questione di brevetti, di proprietà. E di come questa proprietà, questo possesso della specie, possa propagarsi in natura.
Poi, alla fin fine, mi chiedo: come sarà il loro sapore?
I stopped into a restaurant and oh, it was a dream From a half mile up the highway you could see the fixtures gleam They heated up the coffee cups with extra pressure steam But the food was terrible
The waitresses were charming, they had such lovely eyes Their smiles all matched exactly and their uniforms likewise Their hair was piled as sweetly as the topping on the pies But the food was terrible
The décor was a symphony in orange, gold and white The silver and the crockery would fill you with delight The menu was a masterpiece, so witty and so bright But the food was terrible
They must have spent a fortune on the furniture and such On the place mats and the napkins, just like linen to the touch So the budget for the kitchen really wasn't very much And the food was terrible
Another generation will forget the taste of meat Of tomatoes from the garden and of bread that's made of wheat And they'll never even notice, when it's plastic that they eat That the food is terrible
Qualche mese dopo la presentazione della dichiarazione di successione arrivarono tre raccomandate. L'unica cosa che guardai con attenzione fu la cifra che l'Agenzia delle Entrate richiedeva. Erano un po' più di 30 Euro a testa. Non pensai neanche un attimo di fare ricorso.
Le tre raccomandate non mi furono consegnate a casa. In quel periodo era normale trovarsi nella propria posta la cartolina marroncina con cui si comunica che è arrivato un plico o un pacco, quando il postino non trova nessuno in casa, e di andare a prenderlo all'ufficio postale. L'ufficio postale del mio paese era in forte sotto organico e spesso i postini lasciavano raccomandate e pacchi in ufficio perchè esuarivano la capienza del loro mezzo di trasporto: senza contare il tempo che risparmiavano nella consegna non dovendo attendere la firma del destinatario.
Trovai, dunque, quella cartolina nella casella della posta di casa mia così come succedeva spesso. Non la guardai nemmeno e il giorno seguente mi recai all'ufficio postale.
Quando fu il mio turno consegnai la cartolina all'impiegato che distrattamente la guardò e poi si recò nella parte posteriore dell'ufficio, come succedeva di solito. Dopo un po' di tempo, dalla stessa porta da cui era uscito quell'uomo, si affaccia una signora con in mano un po' di buste molto grandi. Guarda le buste e, a voce alta, senza avvicinarsi a me, dice: "Chi è il signor X" "Io". Rispondo facendo un cenno con la mano. Avviandosi verso di me, sempre a voce alta, l'impiegata mi spiega: "Mi serve un documento d'identità. Questi atti giudiziari son cose delicate, sa"! Prendo il portafoglio e sento una strana sensazione alle spalle. Mi guardo in giro e ho gli occhi di quelli che sono in attesa puntati su di me. Si affrettano, prima d'incrociare il loro sguardo con il mio, a voltarsi rapidamente da un'altra parte. Mi trattengo dal proclamare la mia innocenza.
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