Solo oggi mi sono accorto che Adriana Zarri è morta il 18 novembre scorso.
I lavori che hanno stravolto casa mia mi hanno fatto rinchiudere in un bozzolo ancora più impenetrabile di quello solito e anche questa notizia, tra molte altre, mi è sfuggita.
Non so perchè l'ho pensata ieri prima di addormentarmi. Forse a causa di uno dei soliti insulti di Bossi, che ha dato a Brunetta l'epiteto di nano di Venezia.
La Zarri, quando Bossi fu colpito da ictus, scrisse in un articolo: "Bossi è riapparso in pubblico, ed è stato evidente il suo decadimento fisico. Ben comprensibile perché, per errore, è stato curato da un medico. Serviva invece un veterinario".
Lei, teologa e pacatissima nei modi, scrisse questo.
Non ho mai letto un suo libro. L'ascoltavo, a cavallo tra gli anni '80 e '90, in una trasmissione televisiva, Samarcanda era il titolo. La trasmissione che diede popolarità a Santoro.
Mi colpiva la profondità dei suoi interventi e il modo leggero, lieve, con cui li trattava. Era incisiva ma pareva tagliare accarezzando.
E adesso mi vien da pensare che per essere incisivi ci deve essere della carne da incidere. Quando le persone sono di fango il coltello passa ma subito dopo il suo passaggio il fango si richiude come se non fosse passata nessuna lama.
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